Come Rispondere alle Nuove Esigenze di Realizzazione Personale
- Nov 28, 2024
- By Hermes
- In Engagement, futuro e anticipazione
INTRODUZIONE
L’avvento della YOLO Economy – You Only Live Once – riflette un mutamento generazionale che mette al centro l’equilibrio tra lavoro e vita, spingendo sempre più persone a cercare esperienze lavorative autentiche e significative. Negli ultimi decenni, il mondo del lavoro ha vissuto una trasformazione profonda. Se una volta il successo e la realizzazione personale erano legati a una carriera stabile e all’impegno totale verso l’azienda, oggi le priorità sono cambiate radicalmente.
Questo fenomeno non riguarda solo i più giovani: coinvolge anche i lavoratori senior, che, dopo anni di sacrifici, rivalutano il loro rapporto con il lavoro.
La pandemia ha amplificato il desiderio di vivere appieno, facendo emergere nuove domande: come raggiungere un equilibrio tra ambizioni e benessere?
Come può il lavoro adattarsi ai valori e alle aspirazioni delle persone, senza soffocarle?
Oggi più che mai, le organizzazioni sono chiamate a ripensare le loro strategie di attrazione e retention, superando le differenze generazionali e costruendo una cultura aziendale che risponda ai bisogni di tutti.
L’Evoluzione della visione del lavoro: dalla devozione totale all’equilibrio desiderato.
Fino a qualche decennio fa, la carriera rappresentava una delle principali fonti di realizzazione personale.
L’idea prevalente era che il successo si misurasse con la dedizione totale all’azienda, fatta di orari estenuanti e sacrifici continui. La famiglia spesso veniva messa in secondo piano, perché il lavoro era considerato il fulcro della vita adulta.
Negli anni del boom economico, il lavoro era associato a stabilità e sicurezza finanziaria: costruirsi una carriera significava garantire benessere alla propria famiglia e raggiungere uno status sociale riconosciuto.
In quel contesto, l’identità personale era intrecciata strettamente al ruolo professionale.
“Cosa fai nella vita?” non era solo una domanda di circostanza, ma una vera e propria etichetta di identità.
Tuttavia, con l’evoluzione della società e l’accelerazione delle trasformazioni tecnologiche, la visione del lavoro ha subito un cambiamento radicale.
Le nuove generazioni hanno iniziato a rifiutare l’idea di sacrificare la propria vita personale per la carriera. La pandemia di COVID-19 ha ulteriormente accelerato questa trasformazione, le persone hanno iniziato a riflettere sul vero valore del tempo e della salute.
Il lavoro non è più visto come una priorità assoluta, ma come una parte di un’esistenza più ricca e significativa.
Le domande retoriche emergono in modo naturale: come bilanciare il desiderio di successo con il bisogno di vivere una vita piena? E soprattutto, cosa conta davvero oggi per sentirsi realizzati?
La YOLO Economy: quando e dove il lavoro incontra la vita
Negli ultimi anni, la YOLO Economy ha catturato l’attenzione come un fenomeno legato ai giovani che, consapevoli dell’incertezza del futuro, scelgono di vivere pienamente nel presente.
Questo fenomeno ha preso piede in tempi recenti, ma le sue radici affondano in un cambiamento più profondo che ha attraversato il mondo del lavoro negli ultimi decenni. La digitalizzazione e l’aumento della precarietà hanno portato le persone, soprattutto i giovani, a rivalutare il concetto stesso di lavoro.
Non è un caso che il termine abbia iniziato a circolare con forza durante la pandemia, quando le persone hanno riscoperto l’importanza di vivere nel presente e di non rimandare ciò che conta davvero.
La YOLO Economy è evidente in tutto il mondo, ma soprattutto nei Paesi occidentali, dove le nuove generazioni hanno più libertà di scegliere il proprio percorso di vita.
Le grandi dimissioni del 2021 negli Stati Uniti sono un chiaro esempio: milioni di persone hanno lasciato il lavoro in cerca di condizioni migliori, maggiore flessibilità e un impatto significativo. Tendenza che si sta diffondendo anche in Europa, dove il lavoro da remoto e i modelli di lavoro flessibili stanno diventando la norma.
I protagonisti di questa rivoluzione: non solo i Millennials e la GenZ
I protagonisti di questa rivoluzione non sono solo i Millennials e la Generazione Z, anche i lavoratori senior stanno abbracciando questa filosofia, riconoscendo
che non vale più la pena di sacrificare la propria salute o la propria felicità per un lavoro che non li soddisfa.
La YOLO Economy è quindi un fenomeno transgenerazionale che abbraccia persone di tutte le età, unite dal desiderio di vivere una vita autentica e significativa.
La rilevanza della YOLO Economy risiede nella sua capacità di riflettere un cambiamento culturale profondo: le persone non vogliono più aspettare di andare in pensione per godersi la vita.
Vogliono un equilibrio ora, vogliono sentirsi riconosciute e valorizzate sul lavoro, e vogliono che il loro tempo abbia un significato. La YOLO Economy è la risposta a un mondo in cui le vecchie certezze sono crollate, e dove il presente è l’unica certezza rimasta.
Le aziende devono ripensare il modo in cui strutturano il lavoro e le aspettative nei confronti dei dipendenti.
Offrire flessibilità, supportare la crescita personale e creare un ambiente inclusivo e rispettoso dei bisogni individuali non è più un optional: è una necessità per attrarre e trattenere i migliori talenti.
Il Work-Life Balance è ora la regola, non l’eccezione
Le ricerche dimostrano che l’equilibrio tra vita e lavoro non è solo un desiderio dei più giovani. Secondo un rapporto di Forbes Italia (2023), circa il 70% dei lavoratori ritiene che un buon equilibrio sia più importante dello stipendio. E non si tratta solo di chi sta iniziando la carriera: molti lavoratori senior, dopo anni di sacrifici, stanno rivalutando il loro approccio al lavoro. Un sondaggio di PwC (Global Workforce Survey) ha mostrato che il 63% dei dipendenti tra i 45 e i 60 anni preferisce evitare trasferimenti o incarichi che compromettano la loro qualità di vita. Questo cambio di mentalità dimostra che il bisogno di equilibrio è universale.
Ma cosa significa, in pratica, garantire un buon work-life balance?
Non si tratta solo di avere più tempo libero, ma di creare un contesto in cui le persone si sentano supportate, riconosciute e valorizzate. Le aziende che riescono a mettere il benessere dei dipendenti al centro delle loro politiche organizzative ottengono un engagement più elevato e una maggiore fidelizzazione dei talenti.
Esempi concreti sono aziende come Patagonia, che offre ai suoi dipendenti la possibilità di partecipare a progetti ambientali, e Google, che durante le selezioni cerca di comprendere non solo le competenze tecniche, ma anche le aspirazioni profonde dei candidati.
Non è forse vero che spesso le generazioni sono viste come mondi distinti, con bisogni e aspettative diverse? E se invece fossero molto più simili di quanto crediamo?
In un’epoca in cui le differenze generazionali sono amplificate dai media, il vero cambiamento culturale sta nel riconoscere che tutti, indipendentemente dall’età, vogliono sentirsi parte di qualcosa di significativo. Per attrarre e trattenere le persone di ogni generazione, le aziende devono costruire una cultura inclusiva, che abbracci l’eterogeneità delle esperienze e valorizzi il contributo di ciascuno.
Il lavoro non deve essere un luogo in cui ci si perde, ma un contesto che nutre, che arricchisce e che contribuisce alla costruzione di un futuro condiviso.
Le aziende che comprendono questa esigenza e investono nella costruzione di un ambiente di lavoro flessibile e umano sono quelle che sapranno prosperare nel lungo termine.
PER APPROFONDIRE:
SFIDA HYBRID: STRATEGIE PER UNA COMUNICAZIONE INTERNA EFFICACE UNA CULTURA ORGANIZZATIVA RESILIENTE
WORK-LIFE BALANCE: DALLA GENITORIALITÀ AL CAREGIVING – NUOVE FRONTIERE DEL WELFARE AZIENDALE
Innovazione “Felix”: La voce di Hermes Consulting
- Ott 15, 2024
- By Hermes
- In Benessere e Felicità, futuro e anticipazione, sostenibilità
INTRODUZIONE
Nel contesto di una riflessione approfondita sull’innovazione tecnologica e le implicazioni etiche e ambientali, Giulia Terracciano, Responsabile della Comunicazione in Hermes Consulting, ha avuto l’opportunità di esplorare queste tematiche in un’intervistata approfondita con Vincenzo Di Martino, Consultant & Coach in Hermes Consulting ed esperto nel campo.
L’intervista ha affrontato temi chiave:
- Impatto ambientale dell’AI, spesso sottovalutato nel dibattito politico;
- Crescente desiderio di un ritorno ai valori umani;
- La necessità da parte delle nuove generazioni di un equilibrio tra innovazione e sostenibilità.
Un momento di luce su come possiamo guidare l’innovazione tecnologica verso un futuro più “felix”.
Giulia: Vincenzo, quali sono, secondo te, i principali aspetti dell’impatto dell’intelligenza artificiale sulla società e sull’ambiente che la percezione pubblica tende a sottovalutare?
Vincenzo: Più che una sottovalutazione del problema ambientale, credo semplicemente che non venga quasi preso in considerazione questo tema, o meglio che se ne parli davvero troppo poco a livello di dibattito pubblico e aziendale.
Eppure, gli studi sull’impatto ambientale delle nuove tecnologie sono chiari e consolidati.
Ad esempio, uno studio pubblicato in diverse riviste scientifiche e depositato all’ONU, intitolato “Making AI less: Thirsty: Unicovering and Addressing the Secret Water Footprint of AI Models”, evidenzia il problema dell’acqua nello sviluppo dell’IA.
Per addestrare modelli come GPT-3, nei moderni data center statunitensi di Microsoft, si utilizzano circa 700.000 litri d’acqua dolce pulita, equivalenti alla produzione di circa 370 auto BMW o 320 auto Tesla.
In un momento in cui rapporti come quelli di Amnesty International denunciano che oggi molte persone diventano profughi a causa della mancanza di acqua, definendolo come fenomeno di migrazione climatica.
Un altro dato significativo riguarda il consumo di energia e le emissioni di CO2. L’addestramento di GPT-3 ha consumato circa 1.287 MWh e ha portato a emissioni di oltre 550 tonnellate di anidride carbonica, equivalenti a 550 voli andata e ritorno New York-San Francisco.
Con l’evoluzione verso GPT-4, che richiede più parametri, i consumi energetici aumentano ulteriormente.
Giulia: Quali passi dovrebbero essere intrapresi per allineare meglio la percezione con la realtà?
Vincenzo: È necessario sensibilizzare le persone e formare adeguatamente sia chi sviluppa la tecnologia sia chi la utilizza. Andrebbe diffusa una cultura di consapevolezza rispetto all’intelligenza artificiale. Oltre a migliorare l’addestramento degli strumenti, è importante riflettere in modo serio sull’impatto ambientale di queste tecnologie.
Le persone devono essere informate e coinvolte in un dialogo consapevole sull’argomento.
Giulia: In riferimento a questo correre dietro all’innovazione, si è osservato un ritorno ai valori umani. Le persone si stanno interrogando sulle proprie capacità e sul proprio essere, chiedendosi: “Quale posto occupo io? Quale contributo posso dare al mondo ora che le tecnologie possono fare le cose al posto mio?” Secondo te, perché sta avvenendo tutto questo?
Vincenzo: C’è un recupero di quella che in filosofia si chiama “opzione fondamentale”: la scelta personale su chi siamo e cosa facciamo in questo mondo.
La felicità, intesa come realizzazione del proprio potenziale, è un concetto che risale ai latini.
Ad esempio, un campo o un albero felix era considerato tale quando produceva i frutti che era destinato a produrre.
Un albero di mele è felix se genera mele, non se genera fragole, indipendentemente da quanto buone possano essere le fragole.
Questo concetto si applica anche alle persone: ciascuno di noi deve realizzare il proprio potenziale unico per trovare la propria felicità e il proprio posto nel mondo.
Le persone stanno recuperando questa consapevolezza, riflettono sul proprio contributo unico alla comunità umana. Le giovani generazioni, in particolare, stanno riscoprendo la relazionalità costitutiva dell’essere umano. Gli strumenti tecnologici rischiano di toglierci questa qualità, e i giovani stanno facendo da campanello d’allarme, chiedendo di recuperare un modo di stare insieme di qualità.
Questo desiderio di etica è chiaro nei giovani, specialmente riguardo all’ambiente.
La sfida è tradurre questa voglia di etica in scelte concrete e pragmatiche.
Giulia: Secondo te le nuove generazioni stanno mettendo in moto una salvaguardia dell’ecosistema e di sé stessi, evitando che si arrivi alla deriva?
Vincenzo: Assolutamente sì. Prendersi cura di sé è un atto etico fondamentale.
Dal momento in cui sto meglio io, stanno meglio anche le persone che si relazionano con me.
Questo concetto sta entrando anche nel mondo aziendale, dove i giovani non sono più disposti a rinunciare a valori profondi per il lavoro. Le aziende dovrebbero sostenere questa attenzione e aiutare anche le generazioni più adulte a recuperarla, evitando che le persone si ammalino o siano insoddisfatte. È importante creare un ambiente lavorativo dove si faccia cultura e si promuova l’incontro e il dialogo tra le persone.
Alfa e Omega: il ciclo del cambiamento in Anselm Kiefer
- Lug 12, 2024
- By Hermes
- In futuro e anticipazione, sostenibilità
INTRODUZIONE
Ogni fine coincide con un nuovo inizio
Inizio e fine, fine e inizio, due estremi di una stessa linea temporale dove l’uno diventa causa ed effetto dell’altro. Come ogni alfa ha la sua omega, ogni sistema la sua evoluzione.
In questo eterno divenire, quale posto occupiamo?
Il tempo è la casa che costruiamo e arrediamo con ciò che abbiamo, rendendola migliore anche per chi verrà dopo di noi. Il nostro compito, quindi, non è solo esistere, ma migliorare, innovare, trasformare ogni passaggio in una evoluzione continua.
Il corso del tempo non lo possiamo fermare, ma possiamo influenzarne il cammino, il modo di percepirlo e il significato da dargli.
Abbiamo una responsabilità immensa, ma lo è anche la nostra capacità di creare e trasformare.
Anselm Kiefer, L’Arte del Tempo
Inizio e fine diventano così un ciclo, perpetuo, esplorato magistralmente da Anselm Kiefer, un artista contemporaneo di grande fama internazionale che con sensibilità e profondità trasforma le storie del suo passato, intrise del dolore e della complessità della memoria, in un linguaggio artistico unico.
La sua mostra “Angeli Caduti”, ospitata a Palazzo Strozzi, a Firenze, dal 24 marzo 2024 al 21 luglio 2024 è un manifesto di riflessione sul passare del tempo.
Durante l’intera mostra, Kiefer ci guida verso una consapevolezza crescente: le cose della vita mutano continuamente, e il tempo diventa il guardiano che, con tocco lieve, segna un prima e un dopo.
I segni di questo tempo?
I materiali, ad esempio, che compongono l’installazione artistica: piombo, cenere, argilla, semi. Questi elementi sono soggetti al tempo, mutano e si trasformano proprio come la vita.
Il piombo si ossida, cambia colore, diventa fragile, simbolo della trasformazione e della caducità della condizione umana. Il piombo che è da sempre in attesa di essere trasformato da attente e delicate procedure alchemiche.
La cenere, residuo di ciò che è stato consumato, evoca la rinascita, il ciclo perpetuo di nascita e morte.
Argilla e semi rappresentano la potenzialità, la capacità di generare nuova vita anche nelle condizioni più avverse.
In questo eterno ciclo di inizio e fine quindi, il nostro posto, la nostra opportunità è quello di essere custodi del tempo ma anche capaci di trasformare e innovare, lasciando un segno per le generazioni future. La nostra missione, quella di ogni essere umano, è rendere il passaggio nel tempo non solo sopportabile, ma degno di essere vissuto.
Luci e Ombre
L’occhiello della mostra “Engelssturz” è un’opera di oltre sette metri di altezza che cattura lo sguardo di qualsiasi passante. Posizionata nel cortile rinascimentale del palazzo, l’installazione rappresenta in modo chiaro e toccante l’Apocalisse in cui l’Arcangelo Michele combatte gli angeli ribelli, come Lucifero che da prediletto e «portatore di luce» diventa esiliato e anche qui la sua fine coincide con un suo nuovo inizio. Un tema che risuona tra spirito e materia, tra bene e male e che rappresenta una potente metafora della nostra incessante battaglia interiore.
Scegliere di fare del Bene diventa un comportamento che decidiamo di mettere in atto ogni giorno nelle più piccole cose. Un’abitudine, un costume da salvaguardare e sviluppare, che prende in considerazione l’individualità di ognuno di noi ma anche da una maggiore consapevolezza della collettività, la stessa collettività che nasce da storie passate che insegnano quali destini vogliamo raggiungere, quali nuovi inizi possiamo innescare.
L’opera, con il suo color oro brillante e luminoso, toglie il fiato. Rappresenta ciò che dovrebbe essere elevato, ma riflette anche su come il presente potrebbe mutare e influire sul domani se non modifichiamo il nostro modo di agire.
Una nave che deve essere indirizzata oltre il confine del “noi” attuale, verso le distese del “noi” di domani. Una continuazione dell’arto della collettività odierna, che progredisce nel futuro assumendo forme sempre più pure, buone e condivise. Pratiche che fanno bene.
Costruire il Domani con i Frammenti di Ieri
Nella condizione umana abbiamo la straordinaria capacità di risistemare il tiro, raccogliere i frammenti dei passi perduti, e voltarci indietro sulla linea del tempo.
È proprio da quel punto di fine che possiamo comprendere tutto ciò che ci ha condotto fino a lì. Solo così possiamo andare avanti, senza dimenticare quanto fatto fino a quel momento, aggiungendo chilometri di strade al futuro che costruiamo per il “noi” del domani e per i nostri eredi.
Ogni errore, ogni frammento raccolto, diventa un mattoncino con cui edificare un domani migliore. La distruzione non è fine a sé stessa, ma un passaggio necessario per la creazione. E in questo continuo divenire, il nostro sguardo non si perde nel passato, ma si àncora al presente per proiettarsi nel futuro. La nostra missione è costruire, migliorare, ed evolvere, con la consapevolezza che ogni passo, anche il più incerto, contribuisce alla nostra crescita e a quella delle generazioni future.
Conclusione
Il continuum di alfa e omega rappresenta l’eterno fluire della realtà, dove ogni fine contiene il seme del suo nuovo inizio e ogni inizio a sua volta coincide con l’inizio della fine (contiene il seme della sua fine).
Questo ciclo perpetuo può essere osservato nel mondo naturale e nella nostra stessa esistenza. Nulla è statico; tutto è in costante movimento e mutamento.
Cosa significa?
La stabilità diventa un’illusione, l’equilibrio tanto auspicato dal mondo intero risiede nel cambiamento, nella crescita. Basti pensare che nel mercato globale l’evoluzione è rapida, ogni fine ciclo economico, ogni fallimento di un progetto rappresentano un’opportunità di innovazione e rinascita.
Come vedere la realtà con occhi diversi?
Possiamo provare a riconoscere laddove possibile la natura ciclica del successo e del fallimento che sono condizioni inevitabili, ad oggi, per la costruzione di un futuro sostenibile. Senza temere il buio e senza voler a tutti i costi raggiungere sempre e solo la luce.
Senza disordine non percepiamo l’ordine e senza il buio non capiamo cosa sia la luce.
Come due facce della stessa medaglia, non possiamo gioire del giorno se non conosciamo la notte.
Anselm Kiefer, con la sua arte, ci offre una visione: anche nei momenti più bui, c’è sempre la possibilità di una nuova alba.