La leadership che sa vedere quando ancora non si vede
- Lug 27, 2022
- By Hermes
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I contorni dell’orizzonte tra lavoro e Leadership agili
Dove ci muoviamo?
Partiamo da qui:
NEL PIENO DEL LAVORO AGILE
Abbiamo parlato di smart working, di remote working e di Hybrid working. Li abbiamo visti e li viviamo sulla pelle e oggi ci hanno condotto a sperimentare nuove modalità di lavoro, lontane da quelle a cui eravamo abituati, forse, più vicine a una nuova aria che si sente respirare fuori.
Presto scopriremo perché.
Di cosa stiamo parlando? Oggi il nuovo modello di lavoro viene definito “AGILE” e fa riferimento ad un approccio finalizzato ad una migliore efficienza nel raggiungimento degli obiettivi dell’organizzazione. Questo attraverso la combinazione di flessibilità, di autonomia e di collaborazione tra le persone; puntando sull’ottimizzazione di strumenti e tecnologie e garantendo gli ambienti più funzionali alle esigenze dei lavoratori.
Il lavoro agile ha quindi l’obiettivo di incrementare la produttività aziendale, favorire la conciliazione dei tempi vita/lavoro e una maggiore sostenibilità ambientale.
Quali sono gli ingredienti di questa ricetta?
- Un lavoro scandito da obiettivi e con confini dai contorni sfocati.
- Un’ evoluzione continua legata ai progressi tecnologici e all’accelerazione impressa dalla pandemia
- Lo sviluppo di maggiori capacità e di più alte responsabilità in ciascun lavoratore
- Un contesto instabile, in cambiamento continuo, dove si sente però l’esigenza di investire per preservare il domani e renderlo accessibile e fiorente anche per chi deve ancora venire.
Qual è dunque la domanda corretta per intuire il futuro dei modelli organizzativi?
Sono due gli interrogativi a cui vorremmo ora dare spazio:
- Cosa vedono oggi i leader?
- Parliamo di leader agile o di sistemi di leadership agili?
Alcuni segnali ci indicano un’importante transizione.
VIANDANTI SU UN MARE DI NEBBIA
Disegniamo i contorni dell’ambiente in cui si muove il leader agile.
Se ripercorriamo la vita di tutti i giorni gli elementi che distinguono i contesti aziendali sono ormai nelle nostre scarpe. Uno di questi è l’accelerazione.
Ci muoviamo su una strada sterrata e ci muoviamo veloci, talmente veloci che è difficile vedere e talvolta non ci arriva che una scia del perpetuo movimento. Proprio come se fossimo a bordo di un’auto da corsa sulle montagne.
Quando non vediamo, il nostro cervello tende a semplificare e suddivide in parti. Si tratta di un meccanismo che ci aiuta ad analizzare gli elementi allo scopo di sciogliere i nodi. Stringiamo gli occhi, rendiamo più piccolo il campo e speriamo di vederci un po’ meglio.
Cerchiamo di semplificare questa complessità, di aumentare il controllo con meccanismi sofisticati, proprio come quando qualcosa ci sta sfuggendo dalle mani e rafforziamo la presa per non farlo cadere.
Vediamo poco perché il moto è veloce e l’emergenza ci mette nella posizione di inseguire piuttosto che di prefigurare.
Nel panorama di oggi vediamo una distanza, tra ciò che abbiamo conosciuto finora (un modello organizzativo strutturato, scandito da orari e disegnato in gerarchia) e quello che vediamo germogliare fuori.
Da una parte il controllo, dall’altra uno spazio sempre maggiore all’autonomia, all’autodeterminazione e all’espressione della propria soggettività.
CHE COSA GERMOGLIA FUORI? HYBRID WORKING TRA CONFINE E ORIZZONTE
È arrivato l’Hybrid working e prima è arrivata la pandemia. La nostra domanda è questa:
L’ Hybrid working è stata una risposta alla pandemia oppure un segnale di un’evoluzione culturale, e di una società che sta ricercando altro?
La pandemia ha probabilmente accelerato una richiesta culturale che da un po’ di tempo germogliava sotto il terreno.
Cosa è successo?
- Abbiamo imparato a coordinarci nella distanza, lavorando molte più ore di quanto la nostra attenzione potesse fare.
- È cresciuta la responsabilità di molti verso gli obiettivi comuni
- Le priorità sono diventate più chiare
- Il lavoro è stato scandito da scopi precisi per ciascuno di noi
Ma c’è di più per quanto riguarda la leadership
Da anni le persone sono diventante progressivamente vere autrici, capaci di autodeterminarsi, di esprimersi e di scoprire la loro strada.
Abbiamo raggiunto il più alto tasso di scolarizzazione e di istruzione, ma stiamo assistendo al fenomeno incredibile delle “grandi dimissioni”.
Cosa succede? Forse le persone che oggi varcano le soglie dei contesti lavorativi lo fanno armati di sogni e di progetti. Hanno scopi più chiari.
Una prova? Di recente 400000 persone sono licenziate dalla regione Lombardia per poter riacquistare degli spazi di maggiore espressione di sé, perché hanno deciso di fare altro che fosse maggiormente rappresentativo del proprio significato.
La loro creatività, o meglio, la loro voglia di creare, è difficile da trattenere, perché creano continuamente: ognuno di noi pubblica la sua vita e il suo pensiero su canali ormai innumerevoli.
Non siamo disposti a cedere in questo, abbiamo tutti bisogno di trovare un’organizzazione che ci permetta di realizzarli questi scopi e che li intrecci con i propri.
Forse l’Hybrid working non è che il germoglio di radici meno giovani di quanto si possa pensare.
Che cosa però ha portato di davvero nuovo?
Ci siamo allontanati un po’ e talvolta abbiamo smesso tutti di vedere, perchè da casa tante cose non si vedono più.
Per cominciare non si vede il luogo, non si vede lo spazio, né tutto ciò che lo spazio contiene. Quell’intensità umana di cui l’azienda è contenitore potrebbe disperdersi perché in ufficio molti non ci vanno più tanto, il gruppo non si alimenta più della condivisione di un ambiente comune ma ha bisogno di vivere di qualcos’altro…
Le esperienze vissute sono più significative se sono incarnate, se le viviamo in uno spazio che non è sospeso come quello che vediamo accanto al nostro specchio in webcam. Addirittura le neuroscienze ci raccontano che le codifichiamo in modo diverso, l’ippocampo non le raccoglie come le altre.
Le emozioni sono meno intense, il senso di appartenenza ad una comunità è appeso ad un filo e piuttosto cambia I suoi connotati.
È più difficile creare contaminazioni, di idee, di energie, di emozioni e di fiducia. Ci si può anche sentire soli.
Allora come mai alcune aziende sono rimaste compatte? Perché molti continuano a sentire di voler aderire profondamente agli scopi propria organizzazione?
Forse oggi le persone ricercano ragioni più profonde, più intense e significative, per investire la fiducia in un’organizzazione.
L’appartenenza alle organizzazioni oggi si nutre di valori, obiettivi e scopi condivisi.
Nell’hybrid working le aziende crescono ed evolvono se il purpose individuale e quello organizzativo coincidono per lo sviluppo di entrambe le parti e quindi camminano sulla stessa strada.
Stiamo vivendo un cambiamento culturale, in cui la persona è al centro, così come lo è la sua espressione del sé e la sua voglia di concorrere alla realizzazione di qualcosa di rappresentativo del proprio significato.
LEADERSHIP, SE LA NEBBIA SI DIRADA UN PO’
Torniamo al nostro leader
Cosa possiamo vedere se, una volta analizzati questi pezzi del puzzle li mettiamo insieme?
Facciamo un riassunto degli elementi:
- Si vede poco, si agisce in fretta e ci si muove tanto: non è facile prefigurarsi il futuro
- Ci vediamo poco e non condividiamo lo spazio, cui forse sentiamo meno di appartenere
- Si è trasformato anche il significato stesso di sentirsi parte, non deriva più dall’appartenenza ad un luogo ma all’aderenza a scopi che siano comuni.
- Sogniamo tutti di disegnare progetti e di realizzare il nostro futuro mettendo in campo I nostri sogni
- Forse dobbiamo trovare un modo, per tenere insieme le persone che ora escono da quel “comodo contenitore” fatto di tanto controllo e di strade già tracciate e ben asfaltate
Da leader, cosa facciamo?
LEADER AGILE O LEADERSHIP AGILE?
Che succede nell’organismo-azienda?
Se ascoltiamo i segnali del terreno possiamo notare quanto i sistemi organizzativi prendano la chiara forma del corpo umano. C’è una rete fitta, di entità autorganizzate, più autonome, distribuite nell’organismo. Ogni cellula ha la capacità di ricevere e di inviare dei messaggi, di elaborarli e generare degli output in modo autonomo. Se dovessero essere centralizzate nel cervello pensante e cosciente tutte le informazioni prodotte da ogni cellula, il sistema in breve tempo andrebbe in tilt e non si dedicherebbe ad altro che alla sopravvivenza.
Quindi, nel corpo, se ci pensiamo, l’autorità è distribuita perché ogni organo, molecola e cellula ha una propria autonomia e ha responsabilità da assolvere.
Per uscire dalla metafora: tutti oggi, nelle organizzazioni, hanno una certa autonomia, hanno delle responsabilità, portano avanti alcuni compiti dall’inizio alla fine, anche senza che vi sia un continuo controllo esterno. È fisiologico e funzionale all’evoluzione.
Allora il leader dove si colloca? Ce n’è veramente bisogno se ognuno è autonomo, responsabile, guidato da uno scopo chiaro?
NOI ABBIAMO LA NOSTRA VERSIONE DI QUESTA STORIA
Quello che pensiamo è che oggi la leadership funziona quando il concetto di ibridità viene affiancato in modo forte all’identità della persona e alla sua possibilità di aderire, per valori e per purpose ad un contesto organizzativo.
Dove purpose individuale e collettivo si incontrano e si sposano, l’hybrid working va nella stessa direzione.
Noi vogliamo parlare di leadership del futuro, una leadership sistemica, dove però, oggi, il leader c’è e serve, soprattutto in questo momento di confusione, ma non è il paradigma del controllo quello che funziona in questo grande cambiamento culturale
Parliamo di una leadership intensamente umana, che metta al centro le persone e sappia valorizzarle.
L’asse più presente oggi è quello della responsabilità. Si delinea con maggiore intensità all’aumentare dell’autonomia che le persone hanno, della corrispondenza tra ciò che scelgono di fare e le abilità che mettono in campo, ma soprattutto dalla coincidenza di strada che permette al purpose personale e aziendale di coesistere e trovarsi in viaggio insieme.
Le persone vogliono scegliere di lavorare su quello che più piace loro, ma allo stesso tempo, se si trovano nel posto giusto, possono esprimere i loro doni ed interessi in un sistema più ampio a cui aderiscono. Proprio in virtù di un moto che parte dalla passione e da un interesse acceso poi le persone sono attive, autrici, credono in quello che fanno e lo portano avanti con successo.
Una leadership intensamente umana sa cogliere la dimensione dell’anima delle persona, ma sa anche inserirla e annetterla a dimensioni più pratiche ed operative proprie del sistema.
Una leadership ad alta intensità non identifica un leader che agisce unicamente nella ristretta prospettiva del suo ruolo, ma che piuttosto sa entrare nel sistema ed esserne parte in modo empatico, il suo agire è delimitato da una cornice liquida. Ascolta, facilita, sente l’emergere dei segnali più piccoli per adattare la realtà che vive. Lo fa insieme ai suoi collaboratori.
I leader ci sono, sono coloro che riescono a immaginare e a guardare oltre la nebbia, a progettare, proiectare, proiettarsi insomma oltre gli ostacoli.
Il cervello umano funziona se vede. Lo dicono le neuroscienze ma lo sappiamo da sempre. Il motivo per cui camminiamo in avanti è perché abbiamo nella mente una fotografia a colori dell’orizzonte e se la vediamo possiamo raggiungere la meta. I leader oggi hanno il compito di trasmetterla questa fotografia e di aiutare le persone nella scoperta di questo paesaggio.
Immaginiamo la tessitura di un finissimo arazzo, pieno di disegni dettagliati e ricchi di colori. leader è colui che prende un filo, lo snoda, e lo indirizza verso la tela, di cui ha ben chiaro il disegno finale, per questo può collocarlo nel posto giusto ai fini di creare il progetto più bello. Da una parte ha visione della complessità, tiene e condivide le redini del senso, dall’altra accompagna, snoda, entra nel piccolo per creare il grande.
Parliamo di una leadership partecipativa orientata all’ascolto, al supporto, allo sviluppo e al confronto, che possa coltivare le relazioni con i collaboratori in modo generativo, alimentandosi quotidianamente di feedback, considerando la relazione come il vero spazio di azione.
La complessità oggi non si può sciogliere, ma cogliere. La complessità non è complicazione, piuttosto è interazione e scambio continuo.
Ha tratti intensamente umani.