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    Innovazione “Felix”: La voce di Hermes Consulting

    INTRODUZIONE

    Nel contesto di una riflessione approfondita sull’innovazione tecnologica e le implicazioni etiche e ambientali, Giulia Terracciano, Responsabile della Comunicazione in Hermes Consulting, ha avuto l’opportunità di esplorare queste tematiche in un’intervistata approfondita con Vincenzo Di Martino, Consultant & Coach in Hermes Consulting ed esperto nel campo.

    L’intervista ha affrontato temi chiave:

    • Impatto ambientale dell’AI, spesso sottovalutato nel dibattito politico;
    • Crescente desiderio di un ritorno ai valori umani;
    • La necessità da parte delle nuove generazioni di un equilibrio tra innovazione e sostenibilità.

    Un momento di luce su come possiamo guidare l’innovazione tecnologica verso un futuro più “felix”.

    Giulia: Vincenzo, quali sono, secondo te, i principali aspetti dell’impatto dell’intelligenza artificiale sulla società e sull’ambiente che la percezione pubblica tende a sottovalutare?

    Vincenzo: Più che una sottovalutazione del problema ambientale, credo semplicemente che non venga quasi preso in considerazione questo tema, o meglio che se ne parli davvero troppo poco a livello di dibattito pubblico e aziendale.

    Eppure, gli studi sull’impatto ambientale delle nuove tecnologie sono chiari e consolidati.

    Ad esempio, uno studio pubblicato in diverse riviste scientifiche e depositato all’ONU, intitolato Making AI less: Thirsty: Unicovering and Addressing the Secret Water Footprint of AI Models”, evidenzia il problema dell’acqua nello sviluppo dell’IA.

    Per addestrare modelli come GPT-3, nei moderni data center staalt="Innovazione Felix e impatto ambientale nell'intelligenza artificiale"tunitensi di Microsoft, si utilizzano circa 700.000 litri d’acqua dolce pulita, equivalenti alla produzione di circa 370 auto BMW o 320 auto Tesla.

    In un momento in cui rapporti come quelli di Amnesty International denunciano che oggi molte persone diventano profughi a causa della mancanza di acqua, definendolo come fenomeno di migrazione climatica.

    Un altro dato significativo riguarda il consumo di energia e le emissioni di CO2. L’addestramento di GPT-3 ha consumato circa 1.287 MWh e ha portato a emissioni di oltre 550 tonnellate di anidride carbonica, equivalenti a 550 voli andata e ritorno New York-San Francisco.

     

    Con l’evoluzione verso GPT-4, che richiede più parametri, i consumi energetici aumentano ulteriormente.

    Giulia: Quali passi dovrebbero essere intrapresi per allineare meglio la percezione con la realtà?

    Vincenzo: È necessario sensibilizzare le persone e formare adeguatamente sia chi sviluppa la tecnologia sia chi la utilizza. Andrebbe diffusa una cultura di consapevolezza rispetto all’intelligenza artificiale. Oltre a migliorare l’addestramento degli strumenti, è importante riflettere in modo serio sull’impatto ambientale di queste tecnologie.

    Le persone devono essere informate e coinvolte in un dialogo consapevole sull’argomento.

    Giulia: In riferimento a questo correre dietro all’innovazione, si è osservato un ritorno ai valori umani. Le persone si stanno interrogando sulle proprie capacità e sul proprio essere, chiedendosi: “Quale posto occupo io? Quale contributo posso dare al mondo ora che le tecnologie possono fare le cose al posto mio?” Secondo te, perché sta avvenendo tutto questo?

    Vincenzo: C’è un recupero di quella che in filosofia si chiama “opzione fondamentale”: la scelta personale su chi siamo e cosa facciamo in questo mondo.

    La felicità, intesa come realizzazione del proprio potenziale, è un concetto che risale ai latini.

    Ad esempio, un campo o un albero felix era considerato tale quando produceva i frutti che era destinato a produrre.

    Un albero di mele è felix se genera mele, non se genera fragole, indipendentemente da quanto buone possano essere le fragole.

    Questo concetto si applica anche alle persone: ciascuno di noi deve realizzare il proprio potenziale unico per trovare la propria felicità e il proprio posto nel mondo.

    Le persone stanno recuperando questa consapevolezza, riflettono sul proprio contributo unico alla comunità umana. Le giovani generazioni, in particolare, stanno riscoprendo la relazionalità costitutiva dell’essere umano. Gli strumenti tecnologici rischiano di toglierci questa qualità, e i giovani stanno facendo da campanello d’allarme, chiedendo di recuperare un modo di stare insieme di qualità.

    Questo desiderio di etica è chiaro nei giovani, specialmente riguardo all’ambiente.

    La sfida è tradurre questa voglia di etica in scelte concrete e pragmatiche.

     

    Giulia: Secondo te le nuove generazioni stanno mettendo in moto una salvaguardia dell’ecosistema e di sé stessi, evitando che si arrivi alla deriva?

    Vincenzo: Assolutamente sì. Prendersi cura di sé è un atto etico fondamentale.

    Dal momento in cui sto meglio io, stanno meglio anche le persone che si relazionano con me.

    Questo concetto sta entrando anche nel mondo aziendale, dove i giovani non sono più disposti a rinunciare a valori profondi per il lavoro. Le aziende dovrebbero sostenere questa attenzione e aiutare anche le generazioni più adulte a recuperarla, evitando che le persone si ammalino o siano insoddisfatte. È importante creare un ambiente lavorativo dove si faccia cultura e si promuova l’incontro e il dialogo tra le persone.

     

     

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