Gender Pay Gap: la lunga strada verso la realizzazione dell’inclusione
- Ott 30, 2021
- By Hermes
- In Non categorizzato
Mentre ci accingevamo a completare questo articolo, lo scorso 26 ottobre è arrivata la notizia felice: c’è stato un primo passo verso la realizzazione di vera inclusione all’interno del nostro sistema.
È infatti diventata legge una proposta sulla parità salariale che mira al superamento delle discriminazioni e penalizzazioni che molte donne affrontano nel nostro paese.
Rimane un primo passo che deve poi essere messo concretamente in pratica per diventare realtà.
Noi speriamo che venga fatto il prima possibile.
Lo scopo di questo articolo rimane il medesimo.
Vogliamo condividere alcune informazioni di scenario relativamente al Gender Pay che è parte del più ampio tema del divario di inclusione in ambito lavorativo.
La partecipazione nel mercato del lavoro
Dal secondo dopoguerra ad oggi, si è assistito ad un costante aumento della partecipazione al Mercato del lavoro da parte delle donne, le quali nel tempo (tutte le ricerche lo riportano) sono protagoniste di performance formative ottimali (spesso migliori rispetto a quelle dei colleghi uomini sia in termini di tempi che di risultati ottenuti).
Eppure più si sale nelle scale gerarchiche delle aziende private o nella pubblica amministrazione fino alla politica, più cala la presenza femminile nei ruoli apicali.
Al di là del gender pay gap, si investe per preparare al meglio una parte di intelligenza del Paese che poi non viene impiegata, a discapito di tutti.
Nel 2018, quando la consigliera per il programma di sviluppo delle Nazioni Unite Anuradha Seth aveva definito la disuguaglianza retributiva tra uomini e donne «il più grande furto della storia», la sua espressione aveva suscitato scalpore. «Non esiste un solo Paese, né un solo settore in cui le donne abbiano gli stessi stipendi degli uomini a fronte di pari competenze e istruzione».
La situazione in Italia
Dal 28° Rapporto sulle Retribuzioni di ODM Consulting, società di consulenza HR di Gi Group, emerge che a parità di esperienza lavorativa, il pay gap legato al genere è del 5,5% tra laureati e dell’8% tra non laureati.
A svantaggio, manco a dirlo, delle donne, sistematicamente meno retribuite rispetto ai colleghi di sesso maschile.
Il rapporto di ODM Consulting sembra suggerire che nel nostro Paese la recessione innescata dal Covid abbia consolidato il gender pay gap.
Inoltre la crisi dovuta agli effetti della pandemia si è abbattuta in modo asimmetrico sul mercato del lavoro, finendo con l’azzerare più posti di lavoro femminili che maschili
E così la somma di problemi di vecchia data con le nuove difficoltà si traduce in un peggioramento — l’ennesimo — della condizione femminile in Italia.
Gender pay gap, le differenze di salario tra uomini e donne
Dall’analisi dell’evoluzione delle retribuzioni in Italia nel 2019 e nel primo semestre 2020 emerge un dato chiaro: il genere gioca un ruolo decisivo nell’influenzare gli stipendi.
In Italia, secondo il 28° Rapporto sulle Retribuzioni, gli stipendi degli uomini sono, in media, superiori a quelli delle donne.
Questo vale sia per tutte le categorie professionali prese in considerazione dall’indagine (dirigenti, impiegati, quadri, operai) e a tutti i livelli.
Gli uomini sono meglio retribuiti già all’inizio della loro carriera.
Le stime di ODM Consulting suggeriscono che un under 30 entrato da uno o due anni nel mondo del lavoro ogni anno guadagna in media 25.216 euro se non laureato e 29.780 euro se laureato.
Una coetanea, a parità di titolo di studio ed esperienza, in media trova in busta paga rispettivamente 23.210 euro o 28.051 euro.
La differenza di salario — sempre calcolata su base annuale — varia a seconda della professione e dell’inquadramento.
Oltre i numeri
Questi studi sono importanti per testimoniare concretamente questa disparità del gender pay gap. Tuttavia non bastano però ad inquadrare in maniera completa il fenomeno.
La disuguaglianza è legata anche ad un tema di opportunità:
- la prevalenza delle donne nei posti di lavoro a part time (il 73,4% dei lavoratori a tempo parziale, secondo i dati Istat del 2019, sono donne)
- il cosiddetto “soffitto di cristallo”, che frena l’ascesa professionale delle donne, escludendole dalle posizioni meglio retribuite. È stato rilevato che solo il 32% dei dirigenti in Italia sia donna. Se guardiamo ai ruoli di vertice delle organizzazioni vediamo che le amministratrici delegate sono solo il 6,3% del totale (Fonte: Rapporto Cerved-Fondazione Marisa Bellisario 2020)
La legge di stato sulla parità di salario è un primo passo importante. Ne restano molti altri da fare per rendere sempre più inclusiva la nostra società:
- dobbiamo impegnarci anche per sciogliere il nodo del tema tra bilanciamento e vita privata. Ancora oggi lo sappiamo che questo aspetto va a svantaggio delle donne che optano più degli uomini per questa soluzione.
- Bisogna continuare a fare pressione e agire per abbattere il soffitto di cristallo. Bisogna rendere le quote rosa un significativo atto a sostegno di una cultura aziendale aperta e capace di generare sempre maggiore beneficio proprio attraverso l’integrazione e valorizzazione delle diversità.
Vuoi la globalizzazione con cui facciamo i conti tutti i giorni, vuoi gli effetti dei social, negli ultimi anni nelle aziende italiane sta prendendo sempre più campo la tematica Diversity e Inclusion.
Nella nostra esperienza professionale avevamo già incontrato questo tema in ambiti più strutturati.
Si trattava di realtà multinazionali che lo vivevano come aspetto di gestione importante dal punto di vista manageriale. Questo aspetto era sottolineato proprio per la loro condizione di “diversità” data dall’essere oltre realtà di territorio nazionale.
Negli ultimi 5 anni questo tema è cresciuto in maniera esponenziale.
Se ne parla anche nell’ambito delle realtà aziendali nazionali, ed oggi è elemento di forte focalizzazione da parte anche dei vertici aziendali.
Cosa è Diversity e Inclusion?
Nel glossario di Diversity Lab è molto ben sintetizzato il concetto di diversity&inclusion: “Si riferisce all’impegno a riconoscere e apprezzare la varietà di caratteristiche che rendono gli individui unici in un’atmosfera che abbraccia e celebra la realizzazione individuale e collettiva. In ambito lavorativo, con diversity&inclusion si definisce una strategia di management finalizzata a una cultura aziendale inclusiva, basata sulla valorizzazione delle differenze individuali quali fattori di innovazione e di miglioramento delle performance personali e organizzative.”
L’ultimo passaggio chiarisce bene quale è lo scopo principale per le aziende. Essere, cioè, in grado di valorizzare le differenze al fine di migliorare significativamente le performance dei singoli individui, e di conseguenza quelle di tutta l’organizzazione.
Per dirlo a modo nostro, è la capacità principale oggi richiesta ai manager: riconoscere ed esaltare le differenze che fanno la differenza per la persona e per tutta l’azienda.
Ne abbiamo veramente bisogno?
Si senza se e senza ma è la nostra risposta. Ne abbiamo bisogno se:
- vogliamo veramente contribuire a creare un mondo migliore
- vogliamo veramente riconoscere una volta per tutte che è il talento umano il vero elemento che può, con l’aiuto dell’innovazione, portare o meno al successo un’azienda anche economicamente
- l’approccio a taglia unica fino ad oggi adottato non genera più quella differenza necessaria a garantire nel tempo la sostenibilità di un’azienda, intesa come la sua durabilità nel futuro
Agire concretamente una leadership inclusiva significa accogliere, coinvolgere e attivare persone diverse.
Soprattutto significa metterle in condizione di dare il loro miglior contributo.
Come gestire al meglio la Diversity e Inclusion
Per questo la leadership inclusiva richiede molta energia, spirito di iniziativa e capacità di mettere costantemente in discussione i propri pregiudizi.
E’ fondamentale imparare a riconoscere che ci sono delle distorsioni cognitive, o per meglio dire dei bias che in tutti noi tendono ad ostacolare l’inclusività.
Farlo come leader è importante perché incoraggia gli altri a fare lo stesso e confrontarsi permette di lavorare assieme per superarli.
Il leader inclusivo mette insieme abilità da alchimista e preparazione, per poter dare valore alle diversità e micro diversità.
Messe insieme permettono ad ognuno di poter contribuire veramente a generare più valore per sè e per l’azienda.
Questo significa elaborare una strategia di Diversity e Inclusion virtuosa, per dare spazio a tutte le anime dell’azienda.
Diversità e inclusione: motori e promotori di sostenibilità
- Set 28, 2021
- By Hermes
- In Non categorizzato
Il contesto in cui diversità e inclusione sono fondamentali
Viviamo e facciamo business in una contemporaneità che presenta caratteristiche inedite e propone sfide mai affrontate prima.
Siamo in quella che viene definita l’era della conoscenza: è la prima volta che l’accesso alle informazioni è simultaneo, pervasivo, democratico; è la prima volta che “il cliente” è diventato globale e i confini che disegnavano mercati e competizione sono diventati fluidi, non definibili; è la prima volta che ci troviamo ad avere fino a 5 generazioni diverse all’interno delle nostre aziende.
Siamo passati da meccanismi unidirezionali a relazioni circolari: la comunicazione non è più trasmissione asincrona (broadcasting), ma interazione dinamica (socialmedia), l’uso esclusivo si è trasformato in sharing, il prodotto è sempre più servizio.
Il mondo vive di feedback e di interazioni.
Come in passato abbiamo bisogno di innovare costantemente per competere e agendo in scarsità di risorse; ma oggi siamo chiamati a farlo ad una velocità sempre maggiore, su scala globale, massimizzando l’uso di una risorsa immateriale (la conoscenza) distribuita su una moltitudine di knowledge workers.
Il paradigma
In questo contesto i modelli organizzativi del passato mostrano i loro limiti.
Anche il più recente modello organico che vede l’azienda paragonata a un organismo vivente garantisce adattabilità, ma non sostenibilità nel tempo.
Oggi si parla sempre meno di sviluppo lineare e sempre più di crescita circolare dove sostenibile è quel business in grado di generare valore per l’organizzazione, i suoi stakeholders e il sistema in cui è inserita.
In una logica di sostenibilità abbiamo bisogno di far evolvere i nostri modelli organizzativi perché abbiano resilienza, ricchezza, flessibile stabilità: le doti di un ecosistema naturale.
I driver evolutivi
Diversità e inclusione sono due elementi fondanti delle strategie di sopravvivenza degli ecosistemi in natura.
Sono caratteristiche che permettono agli elementi organici di vivere e svilupparsi nel tempo e in qualunque contesto.
La diversità di saperi, di pensiero, di attitudini – e l’etichetta “diversità di genere è solo una prima sintesi – permette di definire soluzioni non solo adattive, ma anticipatorie e di fronteggiare in modo efficace la complessità.
L’inclusione è il processo con cui armonizziamo queste diversità e le trasformiamo in catalizzatori della crescita sostenibile.
Per stimolare l’innesto di questi driver nelle nostre culture organizzative abbiamo da compiere 4 passaggi fondamentali, mutuati dalle regole degli ecosistemi naturali.
- Uscire dal normotipo per entrare nell’universalità (cosa che ci permette di arricchirci attraverso la differenza ed essere contributori verso un risultato comune)
- Valorizzare la complementarietà (dove i punti di forza degli uni compensano le debolezze degli altri vicendevolmente)
- Attivare ogni cellula del sistema (per sviluppare leadership diffusa e decisione specializzata)
- Interconnettersi e cooperare (per generare e implementare soluzioni, sia adattive che anticipatorie, capaci di garantire longevità)
Le nuove normative e le iniziative che ci stimolano a costruire politiche del personale orientate alla valorizzazione della differenza in una logica inclusiva sono quindi un’importante opportunità per stimolare l’evoluzione delle nostre organizzazioni verso forme ecosistemiche resilienti, produttive e sostenibili nel tempo.