• LA MAGIA DELL’OUTDOOR CULTURALE®: UNA METAFORA CHE TRASFORMA

    HBR: Il sogno della maggior parte degli Amministratori Delegati e degli HR Manager è trovare una forma di “magia”, che aiuti le persone a cambiare facilmente mentalità, per adattarsi in tempi rapidi ai cambiamenti con pensieri e comportamenti nuovi, per un mondo che grida evoluzione.

    Chiediamo a Hermes Consulting, Società Benefit di Firenze, che da 30 anni accompagna i cambiamenti nelle aziende. Come affrontate questo bisogno di magia?

    Monia Russo Partner di Hermes Consulting parla dell'approccio Outdoor Culturale per il cambiamento aziendale

     Monia Russo, Partner di Hermes: Abbiamo sviluppato una metodologia proprietaria a questo scopo, chiamata Outdoor Culturale®.

    Una storia che a mio avviso racconta gli effetti di questa magia è quella di un AD di un gruppo internazionale General Contractor, che avendo cambiato la struttura organizzativa, doveva convincere i 5 Direttori Generali delle diverse country a collaborare, condividere le grandi attrezzature per le costruzioni e armonizzare le risorse nella gestione delle gare di appalto.

    Dopo più di un anno di tentativi non andati a buon fine, ci ha contattati per capire cosa ci fosse “che non andava in queste persone” perché non riusciva a farle lavorare in un modo diverso.

    Abbiamo incontrato ad uno ad uno i Direttori e abbiamo progettato un offsite di due giorni a Siena, con una visita ispirativa al ciclo di affreschi del Bene Comune di Ambrogio Lorenzetti, che si trova nel Museo Civico della città.

    Attraverso una narrazione, impostata sul costrutto metodologico delle metafore ericksoniane, abbiamo ricalcato la situazione che ci avevano raccontato l’Amministratore e i Direttori in fase di analisi.

    Sempre attraverso la narrazione dell’opera, abbiamo suggerito e ispirato delle soluzioni, in linea con quanto prevedeva la riorganizzazione aziendale.

    Nel momento della riflessione, successiva alla visita, l’Amministratore Delegato è rimasto molto colpito dal cambiamento che il gruppo ha manifestato.

    Uno degli episodi più rappresentativi di questa trasformazione, è stato quando il più anziano dei Direttori, anche il più resistente, ha trovato, grazie alle suggestioni della metafora, una forte connessione con il proprio lavoro: “Avete visto cosa facevano i contadini di Siena? Condividevano le macchine e risparmiavano, potremmo farlo anche noi!”.

    La magia è stata che da quel giorno, l’implementazione del sistema matriciale si è realizzata con molta più facilità e i Direttori, durante la gestione degli appalti, hanno iniziato a scambiarsi buone pratiche e macchinari.

    Come scatta la magia?

    Alessandro Rizzi ideatore metodologia Outdoor Culturale Hermes Consulting

    Alessandro Rizzi, uno degli ideatori della metodologia: Portiamo i Team reali o interfunzionali, a vivere esperienze a stretto contatto con la storia dell’arte, dentro installazioni artistiche, mostre e capolavori dell’architettura.

    La struttura dell’Outdoor Culturale® riesce, attraverso il potere della metafora, ad accendere la sfera emotiva della mente, risvegliando così la motivazione e la proattività delle persone, stimolandone anche il pensiero critico e razionale.

    Ottiene come prodotto l’accelerazione dei cambiamenti richiesti dal contesto e il raggiungimento più facile dei risultati. Grazie agli stimoli che le metafore artistiche creano, le persone vivono un momento di consapevolezza, che permette loro di vedere agite le proprie dinamiche di comportamento, scorgendo nuove soluzioni, trovando punti di convergenza e immaginando assieme futuri possibili.

    Questo approccio utilizza l’isomorfismo (una corrispondenza di forme e strutture) tra l’esperienza dell’azienda e la rappresentazione artistica, per aprire finestre inedite e produrre salti di pensiero più veloci.

    Come costruire le metafore in modo che siano efficaci?

    Monia Russo: Ogni narrazione artistica viene costruita in modo che il “sentire di una realtà aziendale”, che raccogliamo attraverso interviste e focus group, sia traslato nella storia, così che si crei un rispecchiamento nei partecipanti e si possa creare un collegamento tra l’esperienza metaforica raccontata e il futuro che l’azienda desidera perseguire.

    Questo permette di vivere la propria storia aziendale collegata a valori e scopi personali, consente di vedersi e sentirsi raccontati e infine di osservare il presente e il futuro da un punto di vista esterno. Questo processo intensivo culmina nella proiezione sulla realtà lavorativa, per immaginarla, dopo l’esperienza, in modo diverso e introdurre dei cambiamenti reali.

    L’Outdoor Culturale® dà un’identità precisa ai problemi e la presentazione metaforica della tematica trattata, consente ai partecipanti di arricchire la loro prospettiva, allargare il proprio mindset e la vista, individuando così nuove soluzioni.

    La traduzione del vissuto interiore, in termini razionali, consente di trasferire nel quotidiano quanto appreso metaforicamente.

    L’esperienza genera una sorta di mappa mentale, che permette di affrontare situazioni simili, nella realtà presente e futura, con consapevolezza.

    In questi anni abbiamo sviluppato percorsi con diverse finalità nelle principali città d’arte italiane, che sono delle vere e proprie esperienze magiche!

     

    Perché unite la narrazione metaforica proprio all’arte?

    Alessandro: L’arte ha in sé un codice aperto e arriva dritta al cuore prima ancora di essere “letta”. Ha un linguaggio polisegnico, quindi soggetto a molteplici interpretazioni. Muove processi profondi e permette di lavorare sulla propria realtà, mantenendo una distanza dalla quotidianità, funzionale a superare i propri blocchi e a mettere in risalto i propri vissuti. Permette di partire da ciò che le persone sentono nel profondo e sviluppa strategie di cambiamento radicate in questo sentire.

    Edith Kramer, pittrice e terapeuta, diceva che “l’opera d’arte è un contenitore di emozioni” e Vygotskij, uno dei padri della psicologia, parlava della creatività e dell’immaginazione come elementi necessari per stimolare la ricerca di nuove soluzioni e aprire le porte al cambiamento.

    Pertanto, l’arte non è una fuga dalla realtà, anzi permette di incorniciarla, di conoscerla meglio, guardandola con nuovi occhi, osservandola da punti di vista diversi. Consente inoltre di esprimere concetti che rimarrebbero altrimenti celati e magari censurati, se utilizzassimo solo il canale verbale. L’arte concede il permesso alle persone e alle organizzazioni di pensare in modo diverso, parla una lingua “universale” compresa quella dell’inconscio che è in grado di liberare risorse latenti.

    I progetti migliori non hanno solo una struttura ben studiata, hanno soprattutto un’anima palpabile che prende forma grazie alla combinazione tra metafora terapeutica e arte.

     

    Cosa rende questa metodologia un catalizzatore di progettazioni sostenibili e mirate alla longevità dei contesti organizzativi?

    Diego Piovan Partner di Hermes Consulting parla di sostenibilità e Outdoor Culturale

    Diego Piovan, Partner: La sostenibilità è diventata un imperativo non solo ambientale, ma anche economico e sociale. Richiede una leadership che vada oltre i tradizionali modelli gestionali, che sia piuttosto olistica, adattiva e radicata in una profonda comprensione dei sistemi complessi.

    L’Outdoor Culturale® è in linea con tutte le ultime scoperte legate alla leadership della complessità. La ricerca di Barrett C. Brown (2011), executive coach ed esperto globale sullo sviluppo della leadership, sostiene che solo leader con sistemi di significato avanzati possono progettare e gestire uno sviluppo sostenibile.

    Per prepararli a questa sfida, spiega che le esperienze più formative, partono da una profonda base interiore, radicata in valori e principi che guidano non solo la visione, ma anche la strategia di iniziative sostenibili. Permettono di mettere in gioco risorse interne ed espandono il “sentire”, la recettività e la coscienza.

    Secondo la ricerca di Manners, J., & Durkin, K. (2000), la coscienza si espande a contatto con esperienze rilevanti di natura interpersonale, con un alto impatto emotivo, che vadano oltre le norme e le aspettative esistenti per catalizzare la crescita.

    Questi elementi sono contenuti dell’Outdoor Culturale® che sollecita tutte le 5 dimensioni che, secondo il capostipite della psicologia positiva Martin Seligman, costituiscono ogni esperienza di pienezza: emozioni positive, coinvolgimento autentico ed immersivo, condivisione, senso di scopo e di contribuzione, sperimentazione dell’autoefficacia nel raggiungimento di un risultato.

    Ogni partecipante, così come ogni team, esce profondamente cambiato, in contatto con un nuovo sentire, capace di attivare le risorse per affrontare le sfide della sostenibilità.

    Come possono contattarvi le aziende per organizzare un Outdoor Culturale®?

    Potete scriverci a questi indirizzi:

    Per ulteriori approfondimenti clicca qui:

    Portfolio Outdoor Culturale®

    Approfondimento Outdoor Culturale® 

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  • OLTRE I CONFINI DELL’ETÀ: L’INTELLIGENZA INTERGENERAZIONALE PER UNIRE E INNOVARE

    HBR: Oggi in molte organizzazioni emerge una sfida riguardante l’intergenerazionalità che, se non affrontata e gestita, può essere foriera di una grande dispersione di energie. Ne parliamo con Hermes Consulting.

    Chiediamo il punto di vista di Diego Martone, consulente Hermes Consulting e autore del libro “Senza Età. Come generazioni diverse coesistono e insieme creano valore”.

    Attualmente nelle aziende convivono 4 generazioni, spesso descritte solo per gli elementi che esaltano le differenze di origine, cultura e linguaggio, bisogni, competenze e aspirazioni.

    Anche le indagini intergenerazionali delle aziende si imbattono in un noto luogo comune: “È difficile capirsi, vedersi, riconoscersi e parlare la stessa lingua”. Questo pensiero è una scorciatoia facile, un mix dei bias di semplificazione e conferma, che evidenzia quasi esclusivamente le differenze, spesso esagerandole e stereotipandole. Il risultato è scontato: l’incomunicabilità e il mancato riconoscimento reciproco.

    Come possiamo affrontare queste distorsioni? Possiamo alimentare  l’inter-operabilità umana, ovvero un sistema che permetta di valorizzare ogni contributo      con     visione     unitaria,     integrata     e prospettica, prescindendo da qualsiasi tematica connessa all’età, perseguendo un obiettivo comune.

    Non  è  solo  utile  farlo,  ma  è  necessario  per  il benessere dell’azienda e le positive ricadute sia sul business che sulla salute delle persone.

    Perché è così difficile per noi accettare e integrare la diversità generazionale, nonostante gli sforzi consapevoli? Lo chiediamo ad Eleonora Ventura, psicologa del Wellbeing.

    L’integrazione della diversità non è mai stata una cosa semplice.

    Le neuroscienze ci insegnano che il nostro cervello cerca naturalmente l’omogeneità ed è sospettoso verso ciò che percepiamo diverso. Siamo fisiologicamente predisposti a creare un gruppo di appartenenza e a rafforzarne il valore per distinzione dagli altri, di cui estremizziamo i tratti più lontani dai nostri.

    Un meccanismo istintivo che è stato utile per semplificare la complessità. Ci ha guidato spesso a non vederci, a giudicarci per semplificare, a trarre le nostre conclusioni troppo in fretta, ad escluderci a vicenda, alimentando pregiudizi e stereotipie.

    Cosa vedete succedere nelle aziende in cui ci sono dei silos generazionali? Lo chiediamo a Lucia Grazi, Partner da oltre 20 anni e responsabile dell’inserimento di giovani in Hermes Consulting.

    Il fenomeno “Giovani talenti cercasi” o “Nuovi talenti in fuga” è ormai evidente, parallelamente a un fenomeno di marginalizzazione delle persone sopra i 50 anni.

    L’emergere di silos generazionali porta con sé chiari sintomi di disfunzione: notiamo una comunicazione inefficace e una marcata resistenza al cambiamento, soprattutto tra i membri più anziani dell’organizzazione. Queste frizioni limitano non solo le opportunità di mentorship tra le generazioni, ma generano anche tensioni che compromettono la collaborazione, rendendo l’ambiente lavorativo meno coeso. Inoltre, la mancanza di integrazione tra le generazioni spesso causa un alto turnover: i giovani lasciano in cerca di nuove opportunità, mentre i senior si sentono trascurati e sottovalutati.

     

    Inoltre, la difficoltà di innovare a fondo e la sfida di parlare lo stesso linguaggio dei nuovi clienti, sono dirette conseguenze di una conoscenza che non viene condivisa come dovrebbe. Ciò che impariamo e come interpretiamo le informazioni dovrebbero essere patrimonio comune, ma spesso non lo sono.

    Chi può abilitare una trasformazione?

    Per trasformare le culture in azienda, 3 parti devono entrare in dialogo: il Management, l’HR e una rappresentanza di generazioni diverse.

    Serve una leadership inclusiva e sensibile, capace di favorire la mediazione e l’incontro tra persone, che valorizzi i diversi contributi estendendoli in un’unica voce. Allo stesso modo, HR ha bisogno di rivedere i presupposti su cui sviluppa la cura delle persone, dalla selezione, alla valutazione, al dialogo continuo nei team, a strumenti che abilitino una condivisione reale.

    Eleonora, nel tuo ruolo di Client Manager, cosa proponi alle aziende per identificare e capitalizzare punti di forza e aree di miglioramento tra le diverse generazioni in azienda?

    Per prima cosa, organizziamo un workshop che si chiama “Senza età”, come il libro di Diego, per sensibilizzare i leadership team e i manager a scoprire i bias nascosti.

    Poi il nostro approccio fotografa l’azienda con analisi generazionali di clima e focus group a rappresentanza inclusiva, in cui esploriamo anche gli scenari di futuro possibili, con una metodologia consolidata, per individuare quello auspicato e facciamo scegliere i passi da fare insieme per realizzarlo: lo chiamiamo Future- proof horizons strategies e rende già chi partecipa, attore di una co-creazione inclusiva, perciò “nostra”.

    E dopo questa presa di consapevolezza, Lucia, come uscire dai silos e creare un ponte per la co-creazione?

    Lo facciamo con una rappresentanza inclusiva, dove Leadership Team, HR e popolazione aziendale intergenerazionale, co-creano l’Employée Value Proposition. Gruppi di lavoro tematizzati incarnano diverse parti dell’azienda e della sua cultura e sono invitati a catturare e raccontare aspetti della loro organizzazione nel presente e in progressione. Testimoniano valori, pratiche, significati condivisi.

    Seguono i Grounding Action Lab percorsi concreti per passare dalla cultura all’azione, in cui coinvolgiamo gruppi eterogenei, che a partire da obiettivi e aspetti identitari comuni, prima negoziano le linee di indirizzo sugli sviluppi strategici, da integrare nel piano di impresa. Poi, trasformano le priorità di azione in cantieri di progettazione, testing e implementazioni pilota, sperimentabili in contesti controllati e cicli brevi.

    Le generazioni si incontrano e generano insieme. Inoltre, possiamo unire valori e innovazione. Un caso è quello della Value Innovation Week”,  un evento rivolto a tutta la popolazione aziendale, per lavorare sui valori insieme e tramutarli in nuove idee frutto di contaminazione e conoscenza reciproca.

    E non dimentichiamo gli “Age of Value”, percorsi di group coaching per rinnovare l’impulso professionale di chi ha più esperienza, valorizzandone le competenze e stimolando la trasmissione di best practices.

    Come inquadrate le progettualità che sviluppate rispetto alle tematiche generazionali?

    Alimentiamo un’intelligenza intergenerazionale collettiva.

    Diego, come definite l’intelligenza intergenerazionale e quale impatto ha questo approccio sulla cultura aziendale?

     Consideriamo l’intelligenza intergenerazionale individuale come la capacità di riconoscere le diverse prospettive, competenze e valori, della propria e di altre generazioni, armonizzarle e metterle a fattore comune, per trovare soluzioni nuove.

    Hermes Consulting trasferisce sull’azienda tale approccio che riconosce la diversità di età come una risorsa preziosa e non un ostacolo.

    Mettere in pratica un’intelligenza intergenerazionale collettiva, significa creare un ambiente dove l’etica e la cultura valoriale, il sapere esperienziale e le pratiche consolidate, la conoscenza di un ruolo incontrano nuove idee, una mentalità aperta e il rinnovato desiderio di collaborare per un purpose comune.

    Attraverso il dialogo e la collaborazione intergenerazionale, le aziende possono migliorare significativamente la loro capacità di innovare e risolvere problemi in modo creativo. Questo pone le basi per una maggiore armonia interna, un’alta resilienza e la longevità dell’organizzazione.

    Come fare per attivare un progetto con voi?

    Siamo disponibili a incontrare chi fosse interessato e vedere quali soluzioni sono più adatte al suo contesto. Potete scrivere a lucia.grazi@hermesconsulting.com e visitare il nostro sito www.hermesconsulting.it

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  • Immagine illustrativa di uccello in volo

    HYBRID WORK: GERMOGLI DI FUTURO

    NEGLI ULTIMI 3 ANNI IL 77% DELLE AZIENDE HA PROFONDAMENTE MODIFICATO IL PROPRIO MODELLO ORGANIZZATIVO: POST-PANDEMIA, DIGITAL TRASFORMATION E NUOVE SOFT SKILLS ALLA GUIDA DEL CAMBIAMENTO

    È quanto emerge da una Ricerca esclusiva che abbiamo condotto grazie alla collaborazione con l’Istituto di Ricerca Demia sul Top Management di 100 realtà leader italiane e multinazionali per approfondire il panorama del lavoro ibrido in Italia e delinearne il futuro

    Milano, 31 maggio 2023 – Una ricerca appena conclusa su 100 professionisti delle Risorse Umane e amministratori delegati in Italia svela un quadro dettagliato delle trasformazioni aziendali avvenute negli ultimi tre anni, durante e dopo la pandemia. I risultati evidenziano come l’adozione dell’Hybrid Work “metta d’accordo quasi tutti”.

    Il 77% delle aziende intervistate ha cambiato significativamente l’organizzazione e i processi lavorativi, adottando il modello di lavoro Ibrido.

    L’Hybrid Work non è solo alternanza tra lavoro in presenza e lavoro da remoto ma è un approccio flessibile tra le diverse funzioni aziendali che, portando avanti progetti trasversali, vanno alla ricerca di un nuovo stile di lavoro in cocostruzione e co-creazione.

    Maggiore attenzione al senso delle cose, allo scopo del lavoro, alla responsabilità, alla flessibilità e minor rigidità sugli orari lavorativi, sono tra i principali risultati della ricerca.

    Il 40% di CEO e HR segnala l’adozione di nuovi stili di leadership.

    Statistiche con grafica

    Il 79% delle aziende ha ulteriormente sviluppato e integrato sistemi di monitoraggio della percezione di dipendenti e collaboratori, rilevando la loro soddisfazione attraverso analisi di clima e progetti ad hoc.

    Tra coloro che hanno promosso tutti questi cambiamenti, al primo posto ci sono i responsabili delle Risorse Umane:
    il 63% di loro ha progettato, promosso e implementato queste trasformazioni in prima persona, anche con il sostegno del Top Management, configurando una crescente importanza di questa figura professionale nella guida del domani.

    Il contesto in cui si sono trovate ad operare le aziende è mutato talmente tanto che le spinte alla trasformazione sono arrivate da ogni direzione: la pandemia ha aperto molti occhi sulle possibilità del digitale, la maggioranza del top management ha acquisito la consapevolezza che la persona ha un valore, ben oltre i processi e le procedure, mentre le persone hanno rafforzato la coscienza delle possibilità offerte dai modelli di lavoro più flessibili.

    Ci sono tuttavia poli contrapposti sulla bilancia dell’Hybrid Working e la bilancia continua a oscillare, lasciando intravedere scenari più profondi.

    Possiamo riassumerli in 4 grandi temi chiave:

    Welfare e generazioni:
    I giovani vivono il lavoro ibrido come un diritto e non una concessione e se il lavoro non porta valore aggiunto si danno il permesso di dire no. La ricerca suggerisce che mantenere l’autenticità, poter esprimere sé stessi interamente e trovare coerenza tra ciò che si è e ciò che si realizza è cruciale per gli under 35.

    Cultura e comunità:
    Il senso di appartenenza sta diminuendo e sta cambiando. Il dialogo e la relazione hanno quindi un ruolo sempre più importante al fine di creare continuità, connessione e coerenza.  Le persone si stanno legando sempre meno alla fisicità di un luogo o al gruppo di colleghi; quindi, è sempre più importante co-costruire Purpose, Mission, valori e azioni come punto di coesione.

    Il futuro dei talenti:
    Neurobiologicamente parlare di talenti non regge: l’inclusione sviluppa l’idea che ciascuno possa portare la propria distintività: scoprire e valorizzare le qualità di ciascuno all’interno dell’organizzazione affinché possa dare un contributo ai risultati. La vera capacità sarà quella di connettersi a questo sistema.

    Hybrid Work e D&I:
    Lo smart working è apprezzato e considerato inclusivo, perché dà spazio ai bisogni del singolo, garantisce comodità nella gestione della vita personale e nella sostenibilità familiare, ma può anche escludere, raffreddando le relazioni informali e portando a isolamento e alienazione se l’azienda non si organizza adeguatamente.
    La psicologia, il mentoring e il coaching stanno stabilmente entrando nel mondo del lavoro.

    Molti sentono importante rifondare la cultura aziendale ricercando maggiore connessione tra le persone.

    Per questo, la leadership del futuro avrà la responsabilità di abbracciare e trasmettere un approccio sistemico, spingere sull’innovazione e aprire, ancor di più, al cambiamento.

    Diego Martone, CEO dell’Istituto di Ricerca Demia, rivela che l’85% delle aziende identifica le seguenti come le principali sfide per la leadership:
    “L’aumento della complessità aziendale, della fluidità e della circolarità; l’inclusione e l’integrazione tra le generazioni; lo sviluppo del benessere delle persone, la valorizzazione del talento di ciascuno e lo sviluppo di sinergie con altre realtà organizzative in un’ottica di knowledge sharing.”

    Daniela Oliboni, amministratrice delegata di Hermes Consulting aggiunge:                                                                                                                                                                                                            “Nonostante molte evidenze di leadership ancora direttive, i germogli di futuro rivelano la possibilità di un nuovo umanismo, dove le persone sono misura e centro di azione per un futuro longevo e sostenibile.”

    Chi ha contribuito a tracciare questi dati si è anche riunito il 31 maggio 2023 a Milano in una logica di scambio, di collaborazione e di Bene Comune, per immaginare il domani da costruire, a testimonianza di un’apertura, di un interesse condiviso e di una trasversalità nuova volta alla co-creazione. La figura degli HR è al centro della proposizione per integrare persone e business a garanzia di longevità.

    A organizzare l’attività noi di Hermes Consulting, che da quasi 30 anni operiamo nell’ambito della Trasformazione Culturale affiancando Comitati di Direzione e Funzioni HR in processi di cambiamento e sviluppo attraverso attività di consulenza, facilitazione, coaching e formazione.

    Immagine descrittiva di Hermes come società benefit

    Presente insieme a noi anche Demia, Istituto di Ricerca specializzato in indagini generazionali, che si occupa di raccolta e analisi di dati allo scopo di fare emergere trend e insight di valore.

    Ospite prezioso dell’evento Skopia, una nostra realtà partner specializzata in studi, osservatori e consulenza strategica sugli scenari futuri, per la gestione anticipante del rischio e delle opportunità.

     

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