• LA MAGIA DELL’OUTDOOR CULTURALE®: UNA METAFORA CHE TRASFORMA

    HBR: Il sogno della maggior parte degli Amministratori Delegati e degli HR Manager è trovare una forma di “magia”, che aiuti le persone a cambiare facilmente mentalità, per adattarsi in tempi rapidi ai cambiamenti con pensieri e comportamenti nuovi, per un mondo che grida evoluzione.

    Chiediamo a Hermes Consulting, Società Benefit di Firenze, che da 30 anni accompagna i cambiamenti nelle aziende. Come affrontate questo bisogno di magia?

    Monia Russo Partner di Hermes Consulting parla dell'approccio Outdoor Culturale per il cambiamento aziendale

     Monia Russo, Partner di Hermes: Abbiamo sviluppato una metodologia proprietaria a questo scopo, chiamata Outdoor Culturale®.

    Una storia che a mio avviso racconta gli effetti di questa magia è quella di un AD di un gruppo internazionale General Contractor, che avendo cambiato la struttura organizzativa, doveva convincere i 5 Direttori Generali delle diverse country a collaborare, condividere le grandi attrezzature per le costruzioni e armonizzare le risorse nella gestione delle gare di appalto.

    Dopo più di un anno di tentativi non andati a buon fine, ci ha contattati per capire cosa ci fosse “che non andava in queste persone” perché non riusciva a farle lavorare in un modo diverso.

    Abbiamo incontrato ad uno ad uno i Direttori e abbiamo progettato un offsite di due giorni a Siena, con una visita ispirativa al ciclo di affreschi del Bene Comune di Ambrogio Lorenzetti, che si trova nel Museo Civico della città.

    Attraverso una narrazione, impostata sul costrutto metodologico delle metafore ericksoniane, abbiamo ricalcato la situazione che ci avevano raccontato l’Amministratore e i Direttori in fase di analisi.

    Sempre attraverso la narrazione dell’opera, abbiamo suggerito e ispirato delle soluzioni, in linea con quanto prevedeva la riorganizzazione aziendale.

    Nel momento della riflessione, successiva alla visita, l’Amministratore Delegato è rimasto molto colpito dal cambiamento che il gruppo ha manifestato.

    Uno degli episodi più rappresentativi di questa trasformazione, è stato quando il più anziano dei Direttori, anche il più resistente, ha trovato, grazie alle suggestioni della metafora, una forte connessione con il proprio lavoro: “Avete visto cosa facevano i contadini di Siena? Condividevano le macchine e risparmiavano, potremmo farlo anche noi!”.

    La magia è stata che da quel giorno, l’implementazione del sistema matriciale si è realizzata con molta più facilità e i Direttori, durante la gestione degli appalti, hanno iniziato a scambiarsi buone pratiche e macchinari.

    Come scatta la magia?

    Alessandro Rizzi ideatore metodologia Outdoor Culturale Hermes Consulting

    Alessandro Rizzi, uno degli ideatori della metodologia: Portiamo i Team reali o interfunzionali, a vivere esperienze a stretto contatto con la storia dell’arte, dentro installazioni artistiche, mostre e capolavori dell’architettura.

    La struttura dell’Outdoor Culturale® riesce, attraverso il potere della metafora, ad accendere la sfera emotiva della mente, risvegliando così la motivazione e la proattività delle persone, stimolandone anche il pensiero critico e razionale.

    Ottiene come prodotto l’accelerazione dei cambiamenti richiesti dal contesto e il raggiungimento più facile dei risultati. Grazie agli stimoli che le metafore artistiche creano, le persone vivono un momento di consapevolezza, che permette loro di vedere agite le proprie dinamiche di comportamento, scorgendo nuove soluzioni, trovando punti di convergenza e immaginando assieme futuri possibili.

    Questo approccio utilizza l’isomorfismo (una corrispondenza di forme e strutture) tra l’esperienza dell’azienda e la rappresentazione artistica, per aprire finestre inedite e produrre salti di pensiero più veloci.

    Come costruire le metafore in modo che siano efficaci?

    Monia Russo: Ogni narrazione artistica viene costruita in modo che il “sentire di una realtà aziendale”, che raccogliamo attraverso interviste e focus group, sia traslato nella storia, così che si crei un rispecchiamento nei partecipanti e si possa creare un collegamento tra l’esperienza metaforica raccontata e il futuro che l’azienda desidera perseguire.

    Questo permette di vivere la propria storia aziendale collegata a valori e scopi personali, consente di vedersi e sentirsi raccontati e infine di osservare il presente e il futuro da un punto di vista esterno. Questo processo intensivo culmina nella proiezione sulla realtà lavorativa, per immaginarla, dopo l’esperienza, in modo diverso e introdurre dei cambiamenti reali.

    L’Outdoor Culturale® dà un’identità precisa ai problemi e la presentazione metaforica della tematica trattata, consente ai partecipanti di arricchire la loro prospettiva, allargare il proprio mindset e la vista, individuando così nuove soluzioni.

    La traduzione del vissuto interiore, in termini razionali, consente di trasferire nel quotidiano quanto appreso metaforicamente.

    L’esperienza genera una sorta di mappa mentale, che permette di affrontare situazioni simili, nella realtà presente e futura, con consapevolezza.

    In questi anni abbiamo sviluppato percorsi con diverse finalità nelle principali città d’arte italiane, che sono delle vere e proprie esperienze magiche!

     

    Perché unite la narrazione metaforica proprio all’arte?

    Alessandro: L’arte ha in sé un codice aperto e arriva dritta al cuore prima ancora di essere “letta”. Ha un linguaggio polisegnico, quindi soggetto a molteplici interpretazioni. Muove processi profondi e permette di lavorare sulla propria realtà, mantenendo una distanza dalla quotidianità, funzionale a superare i propri blocchi e a mettere in risalto i propri vissuti. Permette di partire da ciò che le persone sentono nel profondo e sviluppa strategie di cambiamento radicate in questo sentire.

    Edith Kramer, pittrice e terapeuta, diceva che “l’opera d’arte è un contenitore di emozioni” e Vygotskij, uno dei padri della psicologia, parlava della creatività e dell’immaginazione come elementi necessari per stimolare la ricerca di nuove soluzioni e aprire le porte al cambiamento.

    Pertanto, l’arte non è una fuga dalla realtà, anzi permette di incorniciarla, di conoscerla meglio, guardandola con nuovi occhi, osservandola da punti di vista diversi. Consente inoltre di esprimere concetti che rimarrebbero altrimenti celati e magari censurati, se utilizzassimo solo il canale verbale. L’arte concede il permesso alle persone e alle organizzazioni di pensare in modo diverso, parla una lingua “universale” compresa quella dell’inconscio che è in grado di liberare risorse latenti.

    I progetti migliori non hanno solo una struttura ben studiata, hanno soprattutto un’anima palpabile che prende forma grazie alla combinazione tra metafora terapeutica e arte.

     

    Cosa rende questa metodologia un catalizzatore di progettazioni sostenibili e mirate alla longevità dei contesti organizzativi?

    Diego Piovan Partner di Hermes Consulting parla di sostenibilità e Outdoor Culturale

    Diego Piovan, Partner: La sostenibilità è diventata un imperativo non solo ambientale, ma anche economico e sociale. Richiede una leadership che vada oltre i tradizionali modelli gestionali, che sia piuttosto olistica, adattiva e radicata in una profonda comprensione dei sistemi complessi.

    L’Outdoor Culturale® è in linea con tutte le ultime scoperte legate alla leadership della complessità. La ricerca di Barrett C. Brown (2011), executive coach ed esperto globale sullo sviluppo della leadership, sostiene che solo leader con sistemi di significato avanzati possono progettare e gestire uno sviluppo sostenibile.

    Per prepararli a questa sfida, spiega che le esperienze più formative, partono da una profonda base interiore, radicata in valori e principi che guidano non solo la visione, ma anche la strategia di iniziative sostenibili. Permettono di mettere in gioco risorse interne ed espandono il “sentire”, la recettività e la coscienza.

    Secondo la ricerca di Manners, J., & Durkin, K. (2000), la coscienza si espande a contatto con esperienze rilevanti di natura interpersonale, con un alto impatto emotivo, che vadano oltre le norme e le aspettative esistenti per catalizzare la crescita.

    Questi elementi sono contenuti dell’Outdoor Culturale® che sollecita tutte le 5 dimensioni che, secondo il capostipite della psicologia positiva Martin Seligman, costituiscono ogni esperienza di pienezza: emozioni positive, coinvolgimento autentico ed immersivo, condivisione, senso di scopo e di contribuzione, sperimentazione dell’autoefficacia nel raggiungimento di un risultato.

    Ogni partecipante, così come ogni team, esce profondamente cambiato, in contatto con un nuovo sentire, capace di attivare le risorse per affrontare le sfide della sostenibilità.

    Come possono contattarvi le aziende per organizzare un Outdoor Culturale®?

    Potete scriverci a questi indirizzi:

    Per ulteriori approfondimenti clicca qui:

    Portfolio Outdoor Culturale®

    Approfondimento Outdoor Culturale® 

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  • Tazze caffè che conversano, blu, nuvolette

    Sfida Hybrid: Strategie per una Comunicazione Interna Efficace e una Cultura Organizzativa Resiliente

    INTRODUZIONE              

    In un mondo aziendale sospeso e interconnesso, veloce e intangibile, la comunicazione interna sta emergendo come uno dei pilastri fondamentali per sostenere e guidare al successo duraturo le organizzazioni odierne.

    Ma quale ruolo svolge esattamente?

    In che modo influisce sulla cultura organizzativa?

    Come sta evolvendo in risposta alle sfide poste dall’Hybrid Work?

    Nelle prossime righe, esploreremo questi interrogativi, mettendo in luce come la comunicazione, sia formale che informale, apra le porte alla resilienza e alla solidità delle culture aziendali.

    Comunicazione Formale e Informale: Riflettori sulla Cultura Organizzativa

    La comunicazione interna aziendale è oggetto di studio da molti anni ed esplora la complessa relazione tra i processi comunicativi, verbali e non verbali, e la vita organizzativa.

    Per questo, la comunicazione costituisce un indicatore cruciale dello stato di salute di un’organizzazione ed è un predittore affidabile della sua longevità.

    La fitta rete di scambi di cui l’organismo-azienda è estremamente ricco, per molti studiosi è proprio ciò che ne fa battere il cuore; è il tessuto della vita delle organizzazioni.

    La comunicazione interna contribuisce a definire l’identità stessa di un’azienda e ne riflette i connotati.

    Da un lato, il linguaggio formale, veicolato attraverso canali ufficiali come il sito, le e-mail e le riunioni programmate, rispecchia la visione e gli obiettivi dell’azienda, influenzando anche la percezione dei dipendenti e il loro senso di appartenenza.

    Dall’altro lato, la comunicazione informale contribuisce allo sviluppo naturale di relazioni calorose e profonde tra colleghi, creando una rete di prossimità tra le persone e offrendo una prospettiva più ampia ed empatica sulla cultura organizzativa.

    La spontaneità delle interazioni sociali non programmate, ma protagoniste dei pranzi e delle brevi pause caffè, costruisce legami di fiducia e promuove un senso di comunità.

    All’interno dell’ampia rete organizzativa, le connessioni si espandono e si rafforzano quando le persone condividono informazioni intime di sé stesse e hanno occasione di rivelare aspetti non necessariamente legati alla sfera lavorativa.

    Avere uno spazio per raccontarsi qualcosa genera fiducia tra le persone, voglia di andare oltre, di conoscersi e di capirsi di più, di aiutarsi nei momenti di difficoltà.

    In altre parole, si sviluppa empatia, un motore che accende e sostiene il proseguire delle relazioni. L’empatia crea una sintonia tra colleghi che permette loro di muoversi con reattività: imparano, infatti, a rispondere e anticipare bisogni, desideri, preoccupazioni e obiettivi dell’altro, favorendo così il benessere aziendale complessivo. Sono più responsabili delle loro azioni perché pesano l’impatto di ciò che fanno sul sistema e il pregiudizio nei confronti degli altri si attenua.

    Per riprendere un famoso modo di dire: “ non possiamo giudicare un libro dalla copertina”, (anche se lo facciamo molto spesso) pertanto, per capire, dobbiamo leggere almeno qualche pagina.

     

    L’Hybrid Work e l’Impatto sulla Spontaneità della Comunicazione

    L’adozione dell’Hybrid Work ha portato a un affascinante cambiamento nella comunicazione all’interno delle aziende. Se da un lato la distanza fisica ha limitato gli incontri casuali e le chiacchierate spontanee tra colleghi, dall’altro ha aperto nuove porte a una comunicazione digitale più attenta, più ricca e coinvolgente. Tuttavia, è importante guardare la scena con una vista ampia.

    Oggi, il confronto richiede maggiore intenzionalità e una profonda attenzione al contenuto. Molti processi aziendali prima basati sulla spontaneità degli scambi, ora richiedono pianificazione e attenzione al dettaglio.

    La comunità non si costruisce automaticamente ma va costruita, e le opportunità non si trovano ma vanno create. Ci siamo fatti nuove domande, in molti casi, abbiamo sperimentato per mesi interi la totale assenza di un setting lavorativo. Abbiamo sentito poi il bisogno di definire messaggi efficaci, caldi, chiari, fondati su uno scopo più esplicito.

    L’Hybrid Work ha innegabilmente sfidato le tradizionali dinamiche di comunicazione, spingendo le persone ad adattarsi e a trovare nuovi modi per alimentare i legami. Le interazioni virtuali, agevolate dalle moderne tecnologie, hanno offerto un’alternativa all’incontro face to face, dimostrando che la distanza fisica non deve essere un ostacolo alla connessione umana, anzi, ci permette di guardare oltre i confini geografici per sciogliere ogni limite alla collaborazione e al confronto.

    Confronto rispetto a cosa?

    Il confronto, oggi, molto di più richiede intenzionalità e lo sviluppo di un pensiero antecedente.

    Molti processi aziendali prima si sviluppavano grazie alla spontaneità di scambi veicolati da un contenitore fatto di quattro mura, oggi la trasmissione di know how, l’inserimento e l’onboarding di persone, la formazione all’interno di una realtà aziendale vanno pensati con molta più cura e con un’attenzione profonda al contenuto.

     La comunità non si costruisce, ma va costruita. Le occasioni non si trovano ma vanno create.

    Nel luogo di lavoro la ripetitività, le pratiche rituali, il sapere oggettivato, favoriscono la permanenza della rappresentazione collettiva di un gruppo.

    Le informazioni sono estremamente simboliche. Senza rendercene conto le utilizziamo come strumento di monitoraggio, di incentivazione, di strategia, ma anche per scoprire significati, per chiarire i processi decisionali.

    Il nucleo vivente dell’azienda riesce ad affrontare e superare le complessità, le difficoltà e gli ostacoli, a coltivare le diversità e a connetterle tra loro attraverso lo scambio comunicativo che avviene tra le persone.

    Le organizzazioni hanno il potere di coltivare anche oggi una comunicazione interna vibrante, possono sostenerla agevolando la creazione di momenti di condivisione sia in presenza che in modo virtuale, che superino le questioni puramente operative per toccare un livello più profondo e valoriale.

    Queste iniziative permettono ai dipendenti di esprimere idee, opinioni e di sentirsi parte di qualcosa di più grande.

    I leader, in particolare, giocano un ruolo chiave nell’ispirare una comunicazione inclusiva e coinvolgente, trasmettendo i valori dell’azienda con passione, incoraggiando una bidirezionalità comunicativa, dove sono naturali i feedback, i confronti, la condivisione delle idee.

     

    Conclusioni

    La comunicazione interna riveste un ruolo sempre più centrale nell’ambito aziendale, soprattutto in un’epoca caratterizzata dall’Hybrid Work. La combinazione di comunicazione formale e informale riflette la cultura organizzativa e contribuisce a costruire relazioni solide tra i dipendenti. Affrontare le sfide del cambiamento nell’ambiente lavorativo richiede un impegno continuo e una flessibilità costante per mantenere viva la trama comunicativa; pertanto, una comunicazione aperta e chiara è cruciale per alimentare il senso di appartenenza e coinvolgimento di tutti coloro che contribuiscono insieme a muovere l’organizzazione verso il futuro. In un mondo in costante evoluzione, la comunicazione interna funge da collante, consente alle aziende di prosperare anche nelle situazioni più complesse e di guardare al domani.

    Oggi ancora di più abbiamo la responsabilità di farlo succedere.

    Oggi scegliamo di essere quel filo rosso.

     

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  • immagine che raffigura connessioni, energia, colori

    La Leadership Cosciente: Guidare il Cambiamento verso un Futuro Sostenibile

    Nel contesto attuale, caratterizzato da un sistema adattivo complesso, flessibile e multiforme, la leadership riveste un ruolo fondamentale nel raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità.

    Gli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs) che vogliamo realizzare richiedono connessione e co-creazione; si traducono in azioni coordinate, sociali, economiche e ambientali, a livello regionale, nazionale, internazionale. Sono realizzabili se si creano connessioni, reti tra società, enti governativi, istituzioni educative. Chi può compiere queste difficili imprese? Chi ha il ruolo di “mettere insieme i puntini?”

     

    Schema leadership cosciente, rappresentazione grafica

    Siamo immersi nella complessità. Come facciamo ad impattare su questo sistema, a trasformarlo, a raggiungere gli SDGs?

    Non bastano regolamenti chiari e politiche ben progettate. Spesso ciò che fa la differenza è l’ispirazione, la lungimiranza e la capacità di comunicare che solo un vero leader conosce, per guidare azioni coordinate e movimenti sociali in cui le persone sono coese e allineate.

    L’effetto del leader sui sistemi complessi è indiretto e imprescindibile; avviene attraverso la manifestazione di un’identità organizzativa e di uno scopo verso cui le persone tendono e confluiscono.

    I leader possono seminare e coltivare un perché collettivo, attivare cambiamenti sociali e adottare molteplici approcci.

    Per anni le aziende hanno cercato di tracciare l’identikit di chi guida il cambiamento. Hanno indagato spesso le competenze da sviluppare per essere leader di successo.

    Oggi ci stiamo chiedendo: come si rappresenta il mondo il leader ad alto impatto trasformativo? Come organizza nel suo cervello l’esperienza che vive?

    Gli studi ci dicono che il ruolo della leadership è centrale per volgere davvero le azioni collettive verso la sostenibilità e la longevità, ma che una caratteristica tra tutte fa la differenza e risiede nello sviluppo della coscienza.

     

    La Leadership della Trasformazione:

    Il leader della trasformazione ha un’autoconsapevolezza elevata e un senso di coscienza allargato che gli permettono di passare rapidamente da un punto di vista all’altro, di cogliere le connessioni tra le cose, di leggere i segnali sottili con un’ampia sensibilità e un fine ascolto, ma soprattutto, di organizzare le esperienze e i punti di osservazione per costruire senso e trovare significato.

     

    La Coscienza come Strumento di Auto-Riflessione:

    La nostra coscienza orienta il nostro focus attentivo e mette in luce il rapporto tra ciò di cui siamo consapevoli e ciò che rimane nascosto. È indicativa di cosa notiamo, cosa sentiamo o meno sotto la nostra responsabilità, come valutiamo l’impatto di ciò che facciamo.

    Quando è estesa e ampiamente sviluppata ci permette di avere un’identità dinamica e quest’ultima ci abilita ad uno sguardo più critico, profondo e olistico anche verso le nostre convinzioni, le nostre abitudini e i nostri modi di pensare. Ci aiuta anche a prendere le distanze da noi stessi, il tempo necessario per ricavare un punto di vista diverso che completa il quadro. Noi diventiamo oggetti nella nostra riflessione e ci guardiamo nel nostro divenire.

    Questa capacità di auto-riflessione è un tratto distintivo dei leader coscienti e consapevoli, la cui rappresentazione del mondo e di sé stessi è radicata nel sentire e nella recettività di ciò che accade intorno.

    Forse è questo l’ingrediente più prezioso per avere davvero un impatto concreto sull’evoluzione sostenibile della nostra società.

    Forse è questo l’ingrediente che ci serve per coltivare una longeva eredità.

    Qualcuno concretizza, il leader cosciente sente.

    Quando siamo davanti ad una scena difficile da comprendere possiamo agire in due modi:
    Possiamo semplificare, quindi concretizzare e dettagliare, eliminando, al contempo, ciò che è fuori dalla nostra rappresentazione schematica; oppure possiamo rimanere comunque recettivi, malleabili e pronti a includere.

    Il leader con un alto livello di coscienza è spirituale e sensoriale allo stesso tempo, poiché è profondamente ancorato al sentire e a ciò che succede intorno, mentre coglie i sottili punti di contatto tra le cose per trovare significati.

    L’espansione del sentire ci aiuta a riconoscerli.

    Un esempio?

    Per alcuni, il benessere umano equivale al proprio, per altri corrisponde al bene per la famiglia e per i propri cari. Per altri ancora è il Bene della comunità, del paese, del mondo intero.

    Tutte le persone desiderano benessere e felicità, in questo sono uguali, ma in scala sono diverse.

    Il leader altamente cosciente è recettivo, malleabile, inclusivo ed espande il raggio di questa scala. “guarda senza una ragione apparente” e considera il benessere del mondo una sua priorità.

    Wikipedia.it

    Huile sur toile (1925) de Vassily Kandinsky. Musée National d’Art Moderne, Paris, France. Donation Nina Kandinsky 1976. AM 1976-856

     

    La Fusione tra Spiritualità e Leadership:

    La spiritualità, intesa come capacità di vedere oltre, diventa parte integrante della leadership consapevole.

    In questa cornice, la tendenza umana universale a “volere di più” non è rivolta a un regno materiale, ma a qualcosa di intangibile che diventa una forza trainante delle azioni e risiede dello scopo profondo che sentiamo di voler perseguire.

    La Guida verso gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile:

    Il contesto attuale richiede una nuova prospettiva sulla leadership, che vada oltre l’acquisizione di abilità e conoscenze tecniche. È necessario concentrarsi sulla coltivazione dell’autocoscienza, dell’empatia e dello scopo nei leader, affinché possano comprendere i propri pensieri e le proprie credenze, i propri valori e il proprio scopo, allargando la loro plasticità, e la loro prospettiva. Si tratta di un impegno continuo e profondo. È un viaggio che richiede percezione, apprendimento e adattabilità.

    Solo attraverso una leadership consapevole e orientata al Bene Comune si può sperare di trasformare le sfide globali in opportunità e guidare il mondo verso un futuro sostenibile.

    Ecco perché oggi avere uno spazio di sviluppo personale è estremamente prezioso per guardare con lungimiranza e apertura verso gli SDGs.

    Le organizzazioni, in quest’ottica, diventano centri di trasformazione, in cui i manager hanno lo spazio di guardare dentro sé stessi e di lavorare insieme per diventare agenti del cambiamento tanto desiderato dal mondo. Le gerarchie tradizionali si sciolgono, aprendo spazio all’innovazione, alla collaborazione e all’autonomia. Le aziende assumono il ruolo guida nella sostenibilità, dove il profitto non è più l’unico motore, ma diventa un veicolo per il benessere di tutte le parti coinvolte e dell’ambiente in cui operano.

     

    Una curiosità?

    Per esercitare questo livello di consapevolezza le ricerche ci raccontano che non c’è niente di meglio di una storia mitica, dell’ispirazione artistica, di una favola ad alto impatto. Questi tipi di storie alimentano lo scopo dell’agire, tramandano messaggi e significati e sono carichi di spiritualità.

     

    Scopri di più 

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  • leadership che sa vedere

    La leadership che sa vedere quando ancora non si vede

    I contorni dell’orizzonte tra lavoro e Leadership agili

    Dove ci muoviamo?

    Partiamo da qui:

    NEL PIENO DEL LAVORO AGILE

    Abbiamo parlato di smart working, di remote working e di Hybrid working. Li abbiamo visti e li viviamo sulla pelle e oggi ci hanno condotto a sperimentare nuove modalità di lavoro, lontane da quelle a cui eravamo abituati, forse, più vicine a una nuova aria che si sente respirare fuori.

    Presto scopriremo perché.

    Di cosa stiamo parlando? Oggi il nuovo modello di lavoro viene definito “AGILE” e fa riferimento ad un approccio finalizzato ad una migliore efficienza nel raggiungimento degli obiettivi dell’organizzazione. Questo attraverso la combinazione di flessibilità, di autonomia e di collaborazione tra le persone; puntando sull’ottimizzazione di strumenti e tecnologie e garantendo gli ambienti più funzionali alle esigenze dei lavoratori.

    Il lavoro agile ha quindi l’obiettivo di incrementare la produttività aziendale, favorire la conciliazione dei tempi vita/lavoro e una maggiore sostenibilità ambientale.

    Quali sono gli ingredienti di questa ricetta?

    • Un lavoro scandito da obiettivi e con confini dai contorni sfocati.
    • Un’ evoluzione continua legata ai progressi tecnologici e all’accelerazione impressa dalla pandemia
    • Lo sviluppo di maggiori capacità e di più alte responsabilità in ciascun lavoratore
    • Un contesto instabile, in cambiamento continuo, dove si sente però l’esigenza di investire per preservare il domani e renderlo accessibile e fiorente anche per chi deve ancora venire.

    Qual è dunque la domanda corretta per intuire il futuro dei modelli organizzativi?

    Sono due gli interrogativi a cui vorremmo ora dare spazio:

    1. Cosa vedono oggi i leader?
    2. Parliamo di leader agile o di sistemi di leadership agili?

    Alcuni segnali ci indicano un’importante transizione.

    VIANDANTI SU UN MARE DI NEBBIA

    Disegniamo i contorni dell’ambiente in cui si muove il leader agile.

    Se ripercorriamo la vita di tutti i giorni gli elementi che distinguono i contesti aziendali sono ormai nelle nostre scarpe. Uno di questi è l’accelerazione.

    Ci muoviamo su una strada sterrata e ci muoviamo veloci, talmente veloci che è difficile vedere e talvolta non ci arriva che una scia del perpetuo movimento. Proprio come se fossimo a bordo di un’auto da corsa sulle montagne.

    Quando non vediamo, il nostro cervello tende a semplificare e suddivide in parti. Si tratta di un meccanismo che ci aiuta ad analizzare gli elementi allo scopo di sciogliere i nodi. Stringiamo gli occhi, rendiamo più piccolo il campo e speriamo di vederci un po’ meglio.

    Cerchiamo di semplificare questa complessità, di aumentare il controllo con meccanismi sofisticati, proprio come quando qualcosa ci sta sfuggendo dalle mani e rafforziamo la presa per non farlo cadere.

    Vediamo poco perché il moto è veloce e l’emergenza ci mette nella posizione di inseguire piuttosto che di prefigurare.

    Nel panorama di oggi vediamo una distanza, tra ciò che abbiamo conosciuto finora (un modello organizzativo strutturato, scandito da orari e disegnato in gerarchia) e quello che vediamo germogliare fuori.

    Da una parte il controllo, dall’altra uno spazio sempre maggiore all’autonomia, all’autodeterminazione e all’espressione della propria soggettività.

    CHE COSA GERMOGLIA FUORI? HYBRID WORKING TRA CONFINE E ORIZZONTE

    È arrivato l’Hybrid working e prima è arrivata la pandemia. La nostra domanda è questa:

    L’ Hybrid working è stata una risposta alla pandemia oppure un segnale di un’evoluzione culturale, e di una società che sta ricercando altro?

    La pandemia ha probabilmente accelerato una richiesta culturale che da un po’ di tempo germogliava sotto il terreno.

    Cosa è successo?

    • Abbiamo imparato a coordinarci nella distanza, lavorando molte più ore di quanto la nostra attenzione potesse fare.
    • È cresciuta la responsabilità di molti verso gli obiettivi comuni
    • Le priorità sono diventate più chiare
    • Il lavoro è stato scandito da scopi precisi per ciascuno di noi

    Ma c’è di più per quanto riguarda la leadership

    Da anni le persone sono diventante progressivamente vere autrici, capaci di autodeterminarsi, di esprimersi e di scoprire la loro strada.

    Abbiamo raggiunto il più alto tasso di scolarizzazione e di istruzione, ma stiamo assistendo al fenomeno incredibile delle “grandi dimissioni”.

    Cosa succede? Forse le persone che oggi varcano le soglie dei contesti lavorativi lo fanno armati di sogni e di progetti. Hanno scopi più chiari.

    Una prova? Di recente 400000 persone sono licenziate dalla regione Lombardia per poter riacquistare degli spazi di maggiore espressione di sé, perché hanno deciso di fare altro che fosse maggiormente rappresentativo del proprio significato.

    La loro creatività, o meglio, la loro voglia di creare, è difficile da trattenere, perché creano continuamente: ognuno di noi pubblica la sua vita e il suo pensiero su canali ormai innumerevoli.

    Non siamo disposti a cedere in questo, abbiamo tutti bisogno di trovare un’organizzazione che ci permetta di realizzarli questi scopi e che li intrecci con i propri.

    Forse l’Hybrid working non è che il germoglio di radici meno giovani di quanto si possa pensare.

    Che cosa però ha portato di davvero nuovo?

    Ci siamo allontanati un po’ e talvolta abbiamo smesso tutti di vedere, perchè da casa tante cose non si vedono più.

    Per cominciare non si vede il luogo, non si vede lo spazio, né tutto ciò che lo spazio contiene. Quell’intensità umana di cui l’azienda è contenitore potrebbe disperdersi perché in ufficio molti non ci vanno più tanto, il gruppo non si alimenta più della condivisione di un ambiente comune ma ha bisogno di vivere di qualcos’altro

    Le esperienze vissute sono più significative se sono incarnate, se le viviamo in uno spazio che non è sospeso come quello che vediamo accanto al nostro specchio in webcam. Addirittura le neuroscienze ci raccontano che le codifichiamo in modo diverso, l’ippocampo non le raccoglie come le altre.

    Le emozioni sono meno intense, il senso di appartenenza ad una comunità è appeso ad un filo e piuttosto cambia I suoi connotati.

    È più difficile creare contaminazioni, di idee, di energie, di emozioni e di fiducia. Ci si può anche sentire soli.

    Allora come mai alcune aziende sono rimaste compatte? Perché molti continuano a sentire di voler aderire profondamente agli scopi propria organizzazione?

    Forse oggi le persone ricercano ragioni più profonde, più intense e significative, per investire la fiducia in un’organizzazione.

    L’appartenenza alle organizzazioni oggi si nutre di valori, obiettivi e scopi condivisi.

    Nell’hybrid working le aziende crescono ed evolvono se il purpose individuale e quello organizzativo coincidono per lo sviluppo di entrambe le parti e quindi camminano sulla stessa strada.

    Stiamo vivendo un cambiamento culturale, in cui la persona è al centro, così come lo è la sua espressione del sé e la sua voglia di concorrere alla realizzazione di qualcosa di rappresentativo del proprio significato.

    LEADERSHIP, SE LA NEBBIA SI DIRADA UN PO’

    Torniamo al nostro leader

    Cosa possiamo vedere se, una volta analizzati questi pezzi del puzzle li mettiamo insieme?

    Facciamo un riassunto degli elementi:

    1. Si vede poco, si agisce in fretta e ci si muove tanto: non è facile prefigurarsi il futuro
    2. Ci vediamo poco e non condividiamo lo spazio, cui forse sentiamo meno di appartenere
    3. Si è trasformato anche il significato stesso di sentirsi parte, non deriva più dall’appartenenza ad un luogo ma all’aderenza a scopi che siano comuni.
    4. Sogniamo tutti di disegnare progetti e di realizzare il nostro futuro mettendo in campo I nostri sogni
    5. Forse dobbiamo trovare un modo, per tenere insieme le persone che ora escono da quel “comodo contenitore” fatto di tanto controllo e di strade già tracciate e ben asfaltate

    Da leader, cosa facciamo?

    LEADER AGILE O LEADERSHIP AGILE?

    Che succede nell’organismo-azienda?

    Se ascoltiamo i segnali del terreno possiamo notare quanto i sistemi organizzativi prendano la chiara forma del corpo umano. C’è una rete fitta, di entità autorganizzate, più autonome, distribuite nell’organismo. Ogni cellula ha la capacità di ricevere e di inviare dei messaggi, di elaborarli e generare degli output in modo autonomo. Se dovessero essere centralizzate nel cervello pensante e cosciente tutte le informazioni prodotte da ogni cellula, il sistema in breve tempo andrebbe in tilt e non si dedicherebbe ad altro che alla sopravvivenza.

    Quindi, nel corpo, se ci pensiamo, l’autorità è distribuita perché ogni organo, molecola e cellula ha una propria autonomia e ha responsabilità da assolvere.

    Per uscire dalla metafora: tutti oggi, nelle organizzazioni, hanno una certa autonomia, hanno delle responsabilità, portano avanti alcuni compiti dall’inizio alla fine, anche senza che vi sia un continuo controllo esterno. È fisiologico e funzionale all’evoluzione.

    Allora il leader dove si colloca? Ce n’è veramente bisogno se ognuno è autonomo, responsabile, guidato da uno scopo chiaro?

    NOI ABBIAMO LA NOSTRA VERSIONE DI QUESTA STORIA

    Quello che pensiamo è che oggi la leadership funziona quando il concetto di ibridità viene affiancato in modo forte all’identità della persona e alla sua possibilità di aderire, per valori e per purpose ad un contesto organizzativo.

    Dove purpose individuale e collettivo si incontrano e si sposano, l’hybrid working va nella stessa direzione.

    Noi vogliamo parlare di leadership del futuro, una leadership sistemica, dove però, oggi, il leader c’è e serve, soprattutto in questo momento di confusione, ma non è il paradigma del controllo quello che funziona in questo grande cambiamento culturale

    Parliamo di una leadership intensamente umana, che metta al centro le persone e sappia valorizzarle.

    L’asse più presente oggi è quello della responsabilità. Si delinea con maggiore intensità all’aumentare dell’autonomia che le persone hanno, della corrispondenza tra ciò che scelgono di fare e le abilità che mettono in campo, ma soprattutto dalla coincidenza di strada che permette al purpose personale e aziendale di coesistere e trovarsi in viaggio insieme.

    Le persone vogliono scegliere di lavorare su quello che più piace loro, ma allo stesso tempo, se si trovano nel posto giusto, possono esprimere i loro doni ed interessi in un sistema più ampio a cui aderiscono. Proprio in virtù di un moto che parte dalla passione e da un interesse acceso poi le persone sono attive, autrici, credono in quello che fanno e lo portano avanti con successo.

    Una leadership intensamente umana sa cogliere la dimensione dell’anima delle persona, ma sa anche inserirla e annetterla a dimensioni più pratiche ed operative proprie del sistema.

    Una leadership ad alta intensità non identifica un leader che agisce unicamente nella ristretta prospettiva del suo ruolo, ma che piuttosto sa entrare nel sistema ed esserne parte in modo empatico, il suo agire è delimitato da una cornice liquida. Ascolta, facilita, sente l’emergere dei segnali più piccoli per adattare la realtà che vive. Lo fa insieme ai suoi collaboratori.

    I leader ci sono, sono coloro che riescono a immaginare e a guardare oltre la nebbia, a progettare, proiectare, proiettarsi insomma oltre gli ostacoli.

    Il cervello umano funziona se vede. Lo dicono le neuroscienze ma lo sappiamo da sempre. Il motivo per cui camminiamo in avanti è perché abbiamo nella mente una fotografia a colori dell’orizzonte e se la vediamo possiamo raggiungere la meta. I leader oggi hanno il compito di trasmetterla questa fotografia e di aiutare le persone nella scoperta di questo paesaggio.

    Immaginiamo la tessitura di un finissimo arazzo, pieno di disegni dettagliati e ricchi di colori. leader è colui che prende un filo, lo snoda, e lo indirizza verso la tela, di cui ha ben chiaro il disegno finale, per questo può collocarlo nel posto giusto ai fini di creare il progetto più bello. Da una parte ha visione della complessità, tiene e condivide le redini del senso, dall’altra accompagna, snoda, entra nel piccolo per creare il grande.

    Parliamo di una leadership partecipativa orientata all’ascolto, al supporto, allo sviluppo e al confronto, che possa coltivare le relazioni con i collaboratori in modo generativo, alimentandosi quotidianamente di feedback, considerando la relazione come il vero spazio di azione.

    La complessità oggi non si può sciogliere, ma cogliere. La complessità non è complicazione, piuttosto è interazione e scambio continuo.

    Ha tratti intensamente umani.

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