WORK-LIFE BALANCE: DALLA GENITORIALITÀ AL CAREGIVING – NUOVE FRONTIERE DEL WELFARE AZIENDALE

Introduzione

Le politiche di welfare aziendale stanno attraversando un periodo di significativo cambiamento, con un’attenzione crescente verso il Work-Life Balance (WLB).

Il concetto di Work-Life Balance si riferisce alla capacità delle persone di gestire efficacemente il lavoro e la vita privata.

Storicamente, queste politiche si sono concentrate principalmente sui genitori, ma oggi emerge la necessità di un approccio più inclusivo.

I cambiamenti degli scenari globali hanno evidenziato il bisogno delle organizzazioni di adattarsi alle nuove esigenze e priorità delle persone.

Secondo i dati ISTAT 2023l’Italia ha registrato un nuovo record nel calo delle nascite, con 197.000 nascite in meno rispetto al 2008 (72% in meno).

Questo fenomeno non è isolato all’Italia, ma è osservabile in molti paesi occidentali, dove le priorità stanno cambiando e la vita sta assumendo forme diverse.

Questi dati pongono importanti interrogativi:

  • Qual è il mindset di oggi?
  • Quali forme di responsabilità si evolveranno maggiormente domani?
  • Quali punti d’attenzione?

Qual è il mindset di oggi?

Con il calo della natalità, si registra un aumento significativo di lavoratori e lavoratrici che scelgono di non diventare genitori. Tuttavia, la cultura attuale spesso riserva importanti stereotipi a queste scelte di vita.

In molti contesti lavorativi, le persone senza figli sono viste come “senza qualcosa”, ossia senza impegni che giustificherebbero un minore bisogno di supporto per l’equilibrio vita-lavoro.

Questo stereotipo (bias) riguarda maggiormente le donne senza figli.

A livello sociale, persiste la convinzione che una donna raggiunga la piena realizzazione solo attraverso la maternità, un bias che tende a oscurare altre forme di realizzazione personale e professionale.

La ricerca di Verniers (2020) e Ashburn-Nardo (2016) ha dimostrato che le persone senza figli, indipendentemente dal genere, sono percepite in modo meno favorevole rispetto a coloro che sono genitori. Questo perché la scelta di non avere figli è vista come una violazione delle norme sociali, portando alla visione stereotipata che chi non ha figli abbia più tempo da dedicare al lavoro.

In che modo valutiamo la meritevolezza di supporto?

La percezione della meritevolezza e il giudizio sociale sono processi complessi che coinvolgono diverse aree del cervello. Le neuroscienze hanno identificato alcune aree chiave implicate in questi processi:

Corteccia Prefrontale Mediale: coinvolta nella valutazione di sé e degli altri, nella presa di decisioni morali e nel giudizio sociale;

Corteccia Cingolata Anteriore: contribuisce alla valutazione delle emozioni e alla regolazione delle risposte emotive

Amigdala: importante per la risposta a stimoli emotivamente significativi

Insula: coinvolta nella consapevolezza delle emozioni e nella percezione del disgusto e di altre emozioni negative.

Queste aree lavorano insieme per formare giudizi complessi riguardanti la meritevolezza delle persone. Ad esempio, quando valutiamo se un collega merita maggiore supporto, la Corteccia Prefrontale Mediale può essere coinvolta nella valutazione delle sue esigenze e dei suoi contributi, mentre la Corteccia Cingolata Anteriore e l’Amigdala possono influenzare le nostre risposte emotive a tale valutazione.

Un ulteriore esempio comune riguarda gli anziani, considerati maggiormente meritevoli di supporto per i contributi dati alla società e al mercato del lavoro. Al contrario, i disoccupati sono percepiti meno meritevoli, talvolta perché il loro status è attribuito a una mancanza di sforzo personale.

 

Lo studio di Filippi e colleghi (2020) ha evidenziato che i dipendenti con figli sono spesso considerati più meritevoli di supporto per il Work-Life Balance rispetto ai loro colleghi senza figli. Questo bias si riflette anche nelle valutazioni delle donne, dove le madri sono viste come maggiormente bisognose di flessibilità rispetto alle donne senza figli.

È fondamentale riconoscere che la vita privata delle persone senza figli può essere altrettanto piena di attività come quella di un genitore. Hobby, cura personale, volontariato, studio o semplicemente tempo libero contribuiscono al benessere e alla produttività generale del lavoratore o della lavoratrice.

Quali forme di responsabilità si evolveranno maggiormente domani?

Il Caregiving è l’attività di assistenza e cura prestata a una persona non autosufficiente, che può essere un familiare, un amico o una persona cara con disabilità, malattie croniche o anzianità.

Questo ruolo, svolto principalmente dai familiari, include una vasta gamma di attività, dall’assistenza fisica e sanitaria al supporto emotivo e organizzativo.

Secondo le stime della Commissione Europea, il valore delle ore di assistenza a lungo termine fornite dai caregiver informali è pari a circa il 2,5% del PIL dell’Unione Europea, una cifra superiore alla spesa pubblica per l’assistenza a lungo termine (Adecco Italia).

In Italia, il 15,4% della popolazione fornisce cure o assistenza almeno una volta a settimana, con una maggiore incidenza tra le donne (17,6%) rispetto agli uomini (12,9%).

Questo dato evidenzia che, nonostante molte persone scelgano di non avere figli, non sono esenti da responsabilità di caregiving. Infatti, un numero significativo si trova a prendersi cura di familiari anziani o malati. Queste persone, oltre a coltivare le loro passioni personali, dedicano una parte considerevole del loro tempo e delle loro energie alla cura quotidiana di parenti non autosufficienti.

Il ruolo di caregiver familiare si estende ben oltre la genitorialità, includendo una vasta gamma di attività di assistenza che influenzano profondamente la vita quotidiana e il benessere psicofisico di chi lo svolge.

Questo impegno, spesso sottovalutato, è cruciale per il supporto delle persone care e necessita di un riconoscimento e un supporto adeguato dalle politiche di welfare aziendale.

Quali punti di attenzione?

Il primo passo da compiere è riconoscere il valore e le esigenze delle persone, indipendentemente dal fatto che siano genitori o meno.

Offrire flessibilità e supporto a tutti i dipendenti, considerando le diverse forme di responsabilità di cura, può migliorare significativamente il benessere e la produttività sul posto di lavoro.

In un mondo in cui le priorità e le forme di vita cambiano, le aziende possono scegliere di adottare un approccio inclusivo e adattabile alle diverse esigenze dei loro dipendenti.

Senza dimenticare le prospettive del futuro, una popolazione che invecchia e le nascite diminuiscono, per arrivare al domani nel miglior modo possibile.

Conclusioni

Le aziende hanno l’opportunità di creare un ambiente di lavoro più inclusivo e sostenibile, che valorizzi ogni dipendente e le sue specifiche esigenze. Riconoscere il valore del caregiving e delle altre forme di impegno personale e professionale contribuirà a costruire organizzazioni più resilienti e soddisfatte, capaci di rispondere alle sfide del domani.

 

Clicca qui per ulteriori approfondimenti: https://mailchi.mp/hermesconsulting.com/work-life-balance-avere-o-non-avere-figli-quali-impatti

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